La ‘transazione fiscale’ entra nella procedura della composizione negoziata


Sul Sole24Ore un interessante articolo d’attualità di Giulio Andreani.

L’articolo 9, comma 1, della legge delega per la revisione del sistema tributario prevede significativi interventi nel campo della fiscalità della crisi d’impresa.

In attuazione del principio direttivo sancito alla lettera a), n. 5, di tale norma, la transazione fiscale – attualmente prevista dagli articoli 63 e 88 del Codice della crisi solo nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo – è destinata a essere estesa ad altri istituti nell’ambito dei quali non è al momento applicabile (seppur in alcuni casi con qualche incertezza):

composizione negoziata;

concordato minore;

piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (Pro);

concordato proposto nella liquidazione giudiziale, nella liquidazione coatta amministrativa e nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Nella situazione attuale, la variabile fiscale influenza la scelta dello strumento utilizzabile ai fini del superamento delle situazioni di crisi, generando distorsioni e condizionamenti: da qui l’esigenza di una omogeneizzazione del trattamento dei debiti tributari nell’ambito di tutti gli istituti disciplinati dal Codice della crisi in cui la transazione, tenuto conto della sua natura, possa trovare applicazione.

L’estensione

La possibilità di un accordo fra il debitore e il Fisco – avente a oggetto il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari – dovrebbe essere estesa innanzitutto alla composizione negoziata della crisi, stabilendo che il pagamento offerto non possa essere comunque deteriore per i rispettivi creditori rispetto alla liquidazione giudiziale e che le agenzie fiscali possano verificare il vantaggio dell’accordo in base al giudizio espresso da un professionista indipendente.

La proposta del debitore potrebbe quindi produrre effetto:

a condizione che venga sottoscritto il contratto (anche con un solo creditore) previsto dall’articolo 23, comma 1, lettera a), del Codice della crisi, e che esso sia idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni, ovvero l’accordo di cui al comma 1, lettera c), dello stesso articolo, che deve apparire coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza, dovendo ciò risultare in entrambi i casi da una relazione dell’esperto nominato nell’ambito della composizione negoziata;

a condizione che l’esperto attesti che le trattative si sono svolte secondo buona fede e correttezza e che un professionista indipendente attesti il carattere non deteriore della proposta per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale;

nei termini e nei limiti risultanti dall’accordo sottoscritto dall’imprenditore e dai titolari dei suddetti crediti, raccolto in un processo verbale sottoscritto anche dal giudice e dal cancelliere, dopo che il giudice, sentito l’esperto e assunti i necessari mezzi istruttori, abbia accertato che il trattamento dei crediti proposto non è deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale e abbia verificato l’assenza di pregiudizio per i creditori…

NOTA: ricordiamo ai lettori che la pagina del Sole24Ore qui riprodotta è ‘criptata’, per motivi di copyright, pertanto non può essere ingrandita.

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