Nuovo codice della crisi d’impresa: d ametà luglio cambiano gli scenari: dalla vigilanza dell’Agenzia delle engtrate alle responsabilità per amministratori e revisori


Sul Sole24Ore il punto sul nuovo codice della crisi d’impresa.

Le modifiche del Codice della crisi che entreranno in vigore il 15 luglio hanno già iniziato a dispiegare la loro portata rivoluzionaria nell’ambito della gestione aziendale.

È notizia di pochi giorni fa che anche l’agenzia delle Entrate, in ossequio alle novità introdotte dal Dlgs 83/2022 (pubblicato il 1° luglio sulla Gazzetta Ufficiale), in attuazione all’articolo 30-sexies della legge 33/2021 e alla nuova lettera c) comma 3 dell’articolo 3 sulla riforma del Codice della crisi, ha inviato una lettera di compliance a coloro che non risulta abbiano pagato il proprio debito Iva – 5mila euro – riveniente dalla liquidazione periodica.

La straordinarietà di tale procedura sta nel fatto che la lettera non ha un intento vessatorio e finalizzato alla riscossione, bensì si pone come uno degli strumenti previsti dalla norma a presidio della continuità aziendale.

In sostanza si tratta di un invito a porsi in allerta attraverso il quale si sottolinea come nella gestione dell’impresa ci sia qualcosa che non va e quindi si consiglia l’imprenditore di porre attenzione e rimedio a una situazione potenzialmente critica, anche valutando il ricorso alla procedura di composizione negoziata di cui al decreto legge 118/2021, per la prima volta introdotta nel nostro ordinamento il 15 novembre scorso.

Le lettere di compliance non costituiscono un’indebita intromissione del fisco nella gestione aziendale. Nulla di più sbagliato. È del tutto evidente, infatti, che un’impresa che non riesce a far fronte con regolarità alle proprie obbligazioni denota alcune problematiche, lievi o gravi che siano, e in questo caso il legislatore ha incaricato l’agenzia delle Entrate di vigilare.

In parole povere il ragionamento sarebbe il seguente: se l’imprenditore, il revisore, il sindaco e finanche il commercialista non si sono resi conto del potenziale rischio per la continuità aziendale, allora è il caso che almeno l’Agenzia si preoccupi della salute di un suo debitore. Peraltro la comunicazione non ha alcuna conseguenza ai fini della riscossione, la quale potrà seguire il suo “normale” corso con l’emissione dell’avviso bonario, e relativa possibilità di sua rateizzazione. nonché, in caso di inerzia del contribuente, successiva emissione del ruolo e della cartella di pagamento. Sotto questo profilo nulla cambia, quindi.

Nondimeno il vero e importante, anzi fondamentale, cambiamento riguarda la responsabilità degli amministratori, dei revisori e dei sindaci, sia a livello civilistico che penale, qualora decidessero di rimanere inerti di fronte alla segnalazione.

In questi casi, infatti, risulterà del tutto evidente la mancata applicazione, da parte dei soggetti interessati, degli obblighi gestori di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 3 del Dlgs 14/2019 e soprattutto del comma 2 dell’articolo 2086 che, è bene ricordarlo, è in vigore dal 16 marzo 2019.

Quindi lo scalpore generato riguardo alla presunta “ingerenza” dell’agenzia delle Entrate è poco comprensibile. I commenti, al contrario, avrebbero dovuto essere accolti positivamente, in considerazione del fatto che, finalmente e nell’interesse di tutti, dopo tre anni dall’entrata in vigore di parte della riforma della crisi, e in particolare degli articoli 2086, comma 2, e 2476, comma 6, del Codice civile, le norme diventano applicabili.

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