La fotografia del Mef. Gli iscritti al Registro sono 122mila, tuttavia oltre 80mila non hanno incarichi da tre anni e i guadagni si concentrano in poche società
Valentina Maglione Bianca Lucia Mazzei
Seppur in calo, in Italia il numero dei revisori legali è di gran lunga più alto di quello degli altri Paesi europei. Un esercito di oltre 122mila soggetti (contro i 17mila della Germania e i 13mila della Francia) che però, nel 67% dei casi, non esercitano la professione. La fetta maggiore dei guadagni si concentra nelle (poche) società di revisione e la parte del leone la fanno le Big four, dotate di una struttura capace di gestire gli incarichi più complessi. È un quadro articolato e anomalo quello che emerge dall’analisi del mercato della revisione effettuata dal ministero dell’Economia esaminando la composizione del Registro dei revisori legali, che raduna sia i professionisti che le società.
Un mondo su cui il ministero sta intervenendo su due fronti. Intanto, sospendendo (e poi cancellando) chi non è in regola con il contributo annuale di iscrizione (26,85 euro nel 2020, saliti a 35 euro nel 2021), il che è la principale causa del calo degli iscritti. E poi con i controlli sul rispetto degli obblighi di formazione: il 16 febbraio scadrà il termine per mettersi in regola con i crediti formativi del triennio 2017-2019.
L’identikit
A novembre i revisori iscritti al Registro erano 122.020. Tantissimi rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea: l’ultima rilevazione della Commissione Ue ne censiva 17.342 in Germania, 13.494 in Francia e 9.997 in Irlanda, per restare agli Stati con i numeri più alti.
Alla base di questa discrepanza, il fatto che il 67% degli iscritti al Registro non svolge attività di revisione da almeno tre anni: quasi 84mila soggetti appartengono alla sezione B del Registro e, come scrive il Mef, contribuiscono a popolarlo «solo in maniera fittizia». Invece, non arrivano a 42mila e sono per oltre la metà nel Nord Italia, gli iscritti alla sezione A, che raccoglie chi ha seguito almeno un incarico negli ultimi tre anni .
Il 90% degli iscritti al Registro ha più di 40 anni (e il 27% più di 60). Gli over 64 sono quasi 24mila, al 74% iscritti alla sezione B. Ancora poche le donne (il 31%), ma in crescita. Infatti aumentano al calare dell’età: fra gli under 40 sono più del 45%, contro il 15% nella fascia over 60.
Le società di revisione sono 638, per un terzo concentrate in Lombardia.
Incarichi e corrispettivi
In base al report, il mercato della revisione vale oltre 700 milioni di euro. I dati del Mef, anche se non del tutto completi a causa di una «generale inosservanza dell’onere comunicativo», fotografano una situazione in cui i professionisti svolgono soprattutto incarichi di piccola-media entità (con corrispettivi fino a 10mila euro), mentre i mandati di maggior rilievo vanno alle società che gestiscono praticamente tutti gli incarichi sopra i 30mila euro. Una situazione che il report attribuisce alla capacità delle società di distinguersi in termini reputazionali, di copertura geografica globale e di capacità di investimento in risorse professionali. La conseguenza è che, nonostante gli incarichi ricoperti dai revisori siano il 77% del totale, sono le società di revisione ad aggiudicarsi la fetta maggiore del mercato (437 milioni).
La sospensione per morosità
Gli iscritti al Registro dei revisori sono calati del 21% da gennaio 2018 a novembre 2021. Solo negli ultimi due anni sono scomparse oltre 14mila posizioni. Un esito che deriva in buona parte dalla decisione del Mef di procedere alla sospensione per morosità degli iscritti non in regola con il contributo annuale che, dal 2021, è di 35 euro.
Nel 2020 e nel 2021 il ministero ha varato quattro decreti con altrettanti elenchi di professionisti e società sospesi, che hanno poi almeno sei mesi di tempo per regolarizzare la loro posizione. Fonti ministeriali fanno sapere che, a seguito dei primi due decreti, per cui l’iter è concluso, sono state cancellate 8.483 persone fisiche e 35 società, mentre dei circa 5.200 revisori sospesi con gli ultimi due decreti, 2.561 non si sono ancora messi in regola e, al netto dei pagamenti in corso, saranno cancellati nei prossimi mesi.
Il meccanismo ha inciso quasi solo sugli iscritti alla sezione B, da cui provengono il 99% dei cancellati e il 95% degli attuali sospesi (ma anche i pochi iscritti alla sezione A interessati dal “richiamo” non avevano incarichi al momento del provvedimento).
Il nodo della formazione
L’altra stretta in arrivo riguarda l’aggiornamento professionale. Secondo il report, la partecipazione al primo triennio di formazione continua relativo al periodo 2017-2019 è stata «non del tutto soddisfacente». Dopo l’entrata in vigore, il 19 ottobre scorso, del decreto ministeriale 135/2021 sulla procedura per l’adozione delle sanzioni per chi viola le norme sui revisori legali e le società di revisione (inclusi gli obblighi di formazione), il ministero ha previsto che gli iscritti possano mettersi in regola con il triennio 2017-2019 entro il 16 febbraio (il termine iniziale del 17 gennaio è stato poi prorogato).
L’Intervista al Presidente Inrl Monetta
«È indispensabile creare una rete. Il singolo revisore non è strutturato per seguire gli incarichi di maggiore entità e le responsabilità sono ormai elevatissime». È questo l’obiettivo del presidente dell’Istituto dei revisori legali, Ciriaco Monetta, di fronte a una situazione in cui il 62% dei corrispettivi va alle società di revisione e si concentra nelle cosiddette Big four.
I revisori persone fisiche svolgono il 77% degli incarichi ma quasi tutti di piccola entità con incassi inferiori a 10mila euro. E oltre 12mila revisori hanno un solo incarico…
Per questo è necessario fare squadra. Il progetto di unitarietà e condivisione che ho proposto ai commercialisti e ai consulenti del lavoro punta a creare un interlocutore unico che dialoghi con le istituzioni e le altre professioni. Una partnership tra le tre categorie contabili riunite sotto “lo stesso cappello” che ci permetterà di comunicare con una sola voce.
Un’altra anomalia è l’altissimo numero di inattivi iscritti alla sezione B. Come lo spiega?
Spesso si tratta di soggetti che non accettano incarichi perché non strutturati o privi di esperienza. Essere iscritti alla sezione B è comunque utile per altre attività come certificazioni di contabilità, rendicontazioni o per partecipare ai collegi sindacali. È però anche un residuo del passato. Oggi si accede al Registro solo dopo aver superato l’esame di Stato e effettuato 36 mesi di tirocinio ma prima le regole erano diverse: vi potevano entrare i sindaci di società di capitali e anche chi superava l’esame di abilitazione di commercialista. Infatti, nella sezione B, l’età media è più alta.
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