Equo compenso in discussione al Senato: il nodo delle sanzioni per i professionisti


Clausola di invarianza finanziaria, estensione a tutte le funzioni della pubblica amministrazione e sanzioni per il professionista. Sono questi i principali problemi segnalati da ordini e associazioni di categoria in merito al disegno di legge sull’equo compenso, il cui esame è iniziato ieri in commissione giustizia al Senato dopo l’approvazione del testo alla Camera lo scorso 13 ottobre. Il provvedimento era in procinto di essere approvato lo scorso giugno, ma una volta approdato in aula fu rimandato in commissione per essere modificato. La stessa cosa stava per succedere a ottobre, questa volta a causa della mancanza dei fondi destinati a garantire la copertura. Durante il passaggio in commissione a Montecitorio, infatti, era stato approvato un emendamento che stanziava 150 milioni di euro annui per sostenere i costi della norma. Le risorse dovevano essere reperite dal Fondo per esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 27 dicembre 2014, n. 190. Prima dell’approdo del ddl in aula, tuttavia, si è scoperto che il fondo non aveva le risorse necessarie per garantire la spesa e si è deciso quindi di non approvare l’emendamento reinserendo la clausola di invarianza finanziaria, ovvero la previsione che dalla norma non debbano scaturire oneri per la finanza pubblica. L’altro argomento di discussione riguarda l’applicazione del principio nei confronti del professionista. La norma prevede che in caso di mancato rispetto della norma lo stesso professionista possa incappare in una sanzione disciplinare da parte del proprio ordine. In sostanza, quindi, se un lavoratore accetta un compenso non in linea potrà essere sanzionato. Ordini e associazioni hanno protestato contro questa previsione, chiedendo una modifica in Senato, anche in considerazione del fatto che la norma, così come congegnata, prevede una tutela a valle e non a monte del processo. Il professionista, infatti, può far valere il proprio diritto solo dopo aver incassato il compenso, rivolgendosi a un giudice che dovrà valutare il mancato rispetto della norma. Quindi, è il professionista a dover denunciare ma lo stesso potrà essere sanzionato per aver accettato una paga troppo bassa.

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