Compensi degli amministratori: la Cassazione ‘dribbla’ il principio di inerenza


In un articolo apparso su Norme e Tributi Plus del sole24Ore di oggi, il Tesoriere dell’Inrl, Paolo Brescia, approfondisce un tema delicato come quello dei compensi agli amministratori.

L’ordinanza della Cassazione 7329/2021 ha infatti stabilito che la delibera assembleare è sempre necessaria per avere la deducibilità dei compensi degli amministratori, il tutto giustificato con il fatto che senza la necessaria delibera non si avrebbe certezza del costo. Essendo la deducibilità dei compensi degli amministratori deducibile per cassa ai sensi dell’articolo 95 comma 5 del Tuir, gli stessi non dovrebbero rientrare nel principio di certezza e determinabilità. Inoltre tutto questo non si sposa con i principi che disciplinano i componenti negativi di reddito a cui è applicato il principio di cassa, in quanto l’articolo 109 comma 1 del Tuir è molto chiaro, e stabilisce che «le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obbiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tale condizioni».

La problematica della mancanza di delibera dell’assemblea che attribuisce i compensi agli amministratori, è da verificare principalmente dal punto di vista civilistico e non fiscale, in quanto il problema si riscontrerebbe dal punto di vista dell’obbligazione contrattuale, con gli eventuali sviluppi del caso. Inoltre, l’ordinanza in questione stride con il funzionamento delle piccole società di capitali. Dove l’amministratore svolge plurime funzioni e non è rara la figura del socio amministratore-lavoratore con i relativi obblighi contributivi del settore a cui appartiene l’azienda.

La Cassazione, con ordinanza 26202/2018, si è pronunciata in maniera netta sulla qualificazione del giudizio di inerenza, dal quale deriva il principio di deducibilità, affermando che l’inerenza non può mai caratterizzarsi quale giudizio quantitativo, negando il sindacato di legittimità da parte dell’amministrazione finanziaria sulla “necessità’’ e sull’ “opportunità’’ di tali costi rispetto all’oggetto dell’attività.

L’opera dell’amministratore è svolta al fine del raggiungimento dell’oggetto sociale. Orbene, proprio in seno alle piccole società di capitali, l’amministratore svolge più funzioni allo stesso tempo e lo stesso può decidere in date circostanze di attribuirsi un compenso aggiuntivo in base all’attività espletata. Su tali compensi vengono pagate le imposte e questo potrebbe portare alla violazione del divieto di doppia imposizione. Con l’aliquota Ires vigente, difficilmente il compenso può essere utilizzato per politiche elusive sul reddito societario.

Concludendo si può affermare che l’ordinanza 7329/2021 si pone in netto contrasto con l’ordinanza 26202/2018 che definisce il carattere del principio di inerenza. L’obbligazione patrimoniale verso l’amministratore si concretizza nel momento della sua nomina in assemblea, con la necessaria conseguenza che la natura del costo non può essere messa in discussione. Se poi vogliamo ridurre tutto all’aspetto formale del caso, con società unipersonali, dove la figura del socio coincide con quella dell’amministratore e lo stesso si auto attribuisce il compenso, o dove padre e figlio sono gli unici soci e amministratori della società e decidono i loro compensi in base al buon andamento economico dell’azienda, allora prendiamo atto e “convochiamo ” le relative assemblee. Sarebbe più corretto far prevalere la sostanza sulla forma e verificare principalmente che i compensi percepiti siano stati soggetti a tassazione e obblighi contributivi. Nel nostro contesto nazionale, dove la società di capitali è utilizzata sia dalla grande multinazionale, come dal piccolo artigiano, non si può generalizzare nei precetti imposti dalla Cassazione, ma sarebbe opportuno, in base alla casistica, applicare a ragion veduta gli articoli 10 dello Statuto del contribuente “Tutela e affidamento della buona fede del contribuente” e 10 bis “Disciplina dell’abuso del diritto ed elusione fiscale”. Ad ausilio può essere anche usato il principio contabile Isa Italia 550 che tratta delle operazioni con parti correlate e stabilire se la certezza e la determinabilità siano riscontrate in base ai criteri stabiliti dai principi contabili. Il tutto nella speranza che i giudici di merito non seguano in maniera acritica l’ordinanza della Cassazione.

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