Sul sole24Ore Norme e Tributi di oggi una esaustiva analisi del professor Roberto Belotti, iscritto all’Inrl e docente dei corsi di formazione dell’istituto, sul delicato tema dei mancati incassi e recupero Iva. Infatti, il decreto Sostegni bis ha finalmente consentito, forse anche incalzato da specifica denuncia di incompatibilità della norma interna con il diritto Ue (Aidc Milano del 6 maggio 2019 n. 13), di recuperare l’Iva tramite variazione in diminuzione per mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo a partire dalla data in cui il cessionario o committente è assoggettato a procedura concorsuale(Dl 73/21 articolo 18, che modifica l’articolo 26 comma 2 Dpr 633/72).
Il quadro europeo
La disposizione va accolta con favore in quanto rende più aderente la disciplina domestica alla direttiva 2006/112 il cui articolo 90, a differenza della norma interna, stabilisce quale regola l’obbligo di ridurre la base imponibile del cedente o prestatore anziché attribuirne meramente la facoltà in quanto la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente percepito. Ma non va dimenticato che la nota di accredito si può comunque emettere anche in seguito a procedure esecutive individuali infruttuose.
La questione è risalente visto che il legislatore ha da sempre limitato la rilevanza del mancato pagamento alle sole ipotesi di “procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose” perché soltanto in tali circostanze si ha una ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore, assumendo rilievo costitutivo, allorquando il creditore abbia esperito tutte le azioni volte al recupero del proprio credito (risoluzione n. 195/E/2008).
Il decreto-legge Sostegni bis infatti, nel riformulare il testo dell’articolo 26 Dpr 633/72 ha confermato l’impianto disposto dalla legge 208/15 in vigore dal 2016, dando la possibilità al fornitore di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in diminuzione (nel documento elettronico il codice è TD8) a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.
Le procedure infruttuose
La procedura esecutiva individuale si deve considerare in ogni caso infruttuosa in caso di:
pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore o la sua irreperibilità;
quando, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decide di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.
Il diritto alla variazione in diminuzione dell’imposta per recuperare il proprio credito, il cui esercizio ha natura facoltativa (Cassazione n. 5403/2017), presuppone quindi che sia stata avviata una procedura esecutiva, conclusa poi infruttuosamente.
I passaggi preliminari
È necessario quindi che abbia avuto inizio almeno il primo atto tipico con il quale si instaura la procedura esecutiva che, per l’esecuzione individuale in forma generica, deve ravvisarsi nel pignoramento ai sensi dell’articolo 491 del Codice di procedura civile; è escluso che la notifica del titolo, la formazione del precetto e la sua notificazione, costituiscano atti propri del processo esecutivo (circolare n. 77/E/2000). Sotto il secondo profilo inoltre il diritto alla variazione è subordinato all’avvenuto accertamento dell’infruttuosità della procedura, momento che viene normalmente ad esistenza quando il credito del cedente o prestatore non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell’esecutato.
La ratio della norma, in ultima analisi, sta nella necessità che l’infruttuosità della procedura sia acclarata da un organo super partes (ufficiale giudiziario e/o giudice dell’esecuzione) e non rimessa all’arbitrio del creditore pignorante (consulenza giuridica n. 2 del 24 gennaio 2019) fermo restando che il presupposto per l’emissione della nota di variazione in diminuzione si debba valutare non in astratto, ma secondo le circostanze del caso concreto, tenuto conto del principio comunitario di proporzionalità e del criterio di diligenza, nel cui perimetro rientrerebbero anche quelle ipotesi in cui la procedura esecutiva sia connotata dalla antieconomicità (interpello n. 64/2018).