Da Euroconferencenews.
Se fino a pochi anni fa le aggregazioni nel mondo delle professioni erano autofinanziate e guidate principalmente dai professionisti stessi, con obiettivi di passaggio generazionale. Oggi il settore sta sempre più attirando l’attenzione di investitori finanziari, sebbene con alcune differenze settoriali. Questo fenomeno, già consolidato in altri ambiti come quello odontoiatrico con le catene dentali, sta ora prendendo piede anche tra i commercialisti, trainato da tre fattori principali: la necessità di capitali per finanziare la crescita, l’inevitabile consolidamento del mercato e il ruolo sempre più rilevante della tecnologia e della digitalizzazione…
commercialisti e consulenti del lavoro: è il settore più dinamico in questo momento e su questo occorre concentrarsi.
Gli studi di commercialisti offrono servizi essenziali e continuativi, come la gestione della contabilità, le dichiarazioni fiscali e l’elaborazione delle buste paga (in realtà sarebbe di competenza dei cdl). Questi servizi garantiscono entrate costanti e ripetitive, molto attraenti per gli investitori finanziari. Inoltre, l’adozione crescente di strumenti tecnologici – software gestionali avanzati, intelligenza artificiale e automazione dei processi contabili – rende il settore più scalabile e adatto a strategie di crescita industrializzata. Infine, ma forse il fattore più importante, il mercato italiano è ancora dominato da una miriade di piccoli studi, con fatturati limitati e poca capacità di investimento. Il Private Equity vede in questo scenario un grande potenziale di aggregazione, con la possibilità di creare operatori di riferimento su scala nazionale attraverso una molteplicità di acquisizioni successive…
continua a leggere Euroconferencenews.it