Da ItaliaOggi.
Dall’Oic richiesta di drastica semplificazione per i report di sostenibilità. L’organismo italiano di contabilità, infatti, con la pubblicazione di un apposito documento riguardante i possibili interventi sulle norme in materia di sostenibilità, ritiene necessaria una drastica semplificazione degli obblighi informativi richiesti alle aziende, circoscrivendo il campo d’azione agli aspetti Esg davvero essenziali.
L’intervento prende forma dall’iniziativa della presidenza della Commissione europea che ha manifestato il proposito di consolidare in una regolamentazione “Omnibus” le disposizioni contenute nelle direttive sulla rendicontazione (Csrd) e sulla due diligence di sostenibilità (Csddd) e nel regolamento Tassonomia.
Rendere più facile “fare impresa” in Europa
L’intento dichiarato è quello di rendere più facile “fare impresa” in Europa, avviando una semplificazione delle regole anche per consentire alle Pmi di rafforzare la propria capacità di produrre e innovare. Tuttavia, a livello europeo, il quadro di attuazione della Csrd non è omogeneo, posto che la complessità ha fatto sì che alcuni paesi non abbiano ancora recepito la direttiva, generando anche pericolose ricadute sulla concorrenza tra imprese. L’intervento correttivo deve essere radicale risolvendosi, appunto, in una decisa e sostanziale semplificazione degli obblighi informativi e, nel contempo, in una riduzione dei costi di compliance. Per perseguire l’obiettivo di semplificazione, la regolamentazione Omnibus deve intervenire sia sulla legislazione primaria (es. CSRD) sia di conseguenza su quella secondaria (es. atti delegati).
L’Oic propone l’introduzione di una categoria di “mid companies”
In tale ottica, l’organismo italiano di contabilità propone l’introduzione di una categoria di “mid companies”, la cui soglia di delimitazione con il comparto large, coerentemente con quanto previsto dalla direttiva Csddd, sia indicativamente di 1000 dipendenti e 450 milioni di euro di ricavi. Si sollecita, poi, il posticipo dell’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione per le imprese diverse da quelle obbligate già nell’anno 2024 a redigere il report di sostenibilità, con particolare riferimento alle imprese che risulterebbero al di sotto delle richiamate soglie quantitative, per il tempo necessario alla formulazione di standard semplificati per il comparto delle “mid companies”, nonché si richiede la sospensione, almeno nel breve termine, dei lavori sugli standard “settoriali”.
Le proposte di modifica dell’Oic, però, non si fermano qui. Infatti, oltre a proposte specifiche dirette alla semplificazione della rendicontazione di sostenibilità, esistono diverse tematiche tecniche che dovrebbero essere affrontate nella fase di revisione degli Esrs (European sustainability reporting standards) e nella redazione della regolamentazione Omnibus. Quindi, oltre alla richiesta di avviare un processo di revisione degli Esrs, si propone di rimettere in discussione i due capisaldi sui quali è stata costruita la disciplina della sostenibilità: la cosiddetta “doppia materialità” e l’estensione degli obblighi di reporting all’intera “catena del valore” aziendale.
La “doppia materialità”, ossia l’impatto che le aziende hanno sull’ambiente e la società, è difficile da distinguere dalla “materialità finanziaria”, quella normalmente rilevata nei report aziendali. Benché sollecitato, ha osservato l’Oic, l’Efrag non è mai riuscito a produrre un esempio concreto in cui un tema è rilevante per la materialità d’impatto e non per la materialità finanziaria. Inoltre, dalle analisi che sono state fatte, la doppia materialità è uno degli elementi di maggiore intralcio all’interoperabilità con l’Issb che prevede solo la materialità finanziaria.
Quanto alla “catena del valore”, che obbliga le imprese a misurare gli effetti sulla sostenibilità a monte (fornitori) ed a valle del perimetro aziendale, si tratta di un concetto astratto, difficile da mettere in pratica e che comporta costi e complessità operative non indifferenti per chi deve produrre i report. Tale concetto, secondo l’Oic, non andrebbe mai applicato per la rendicontazione delle metriche perché impossibile stabilirne esattamente il perimetro, stante le difficoltà operative nel raccogliere e misurare i dati. Inoltre, andrebbero delineati meglio i concetti degli asset inclusi nel perimetro di rendicontazione (es. Joint Ventures, lease, joint operation) cercando di scegliere la via più praticabile. Se questi obblighi fossero alleggeriti verrebbero anche appianate gran parte delle differenze che separano gli standard europei da quelli internazionali redatti dalla Ifrs Foundation.
Regole precise per l’informativa
Negli ultimi anni le tematiche ambientali hanno acquisito un ruolo centrale nelle scelte aziendali. A livello nazionale, la Csrd (direttiva 2022/2464) è stata recepita con il dlgs n.125/2024 che si è preoccupato di definire, tra gli altri, il quadro di riferimento relativo la predisposizione dell’informativa sulla sostenibilità da riportare nella relazione sulla gestione. La necessità di standard di rendicontazione comuni e ben definiti riguardanti i fattori Esg, che affonda le sue origini già negli anni novanta quando nacque la Global reporting initiative (Gri), si conferma un tema di grande attualità, così come evidenziato anche dall’Oic.
In tale direzione va la richiesta di avviare in modo tempestivo una revisione degli Esrs al fine di risolvere le numerose criticità emerse e quelle che emergeranno dalla pubblicazione dei primi report di sostenibilità. Occorre, dunque, un intervento che semplifichi la complessa articolazione degli obblighi informativi e che generi una migliore efficacia comunicativa degli stessi. Con il recepimento della direttiva Csrd, i temi di sostenibilità hanno trovato spazio nel panorama italiano, in modo progressivo nel tempo, tra il 2024 ed il 2028.
I soggetti tenuti alla rendicontazione di sostenibilità
In particolare, i soggetti tenuti alla rendicontazione di sostenibilità sono: le società di capitali, le società di persone nel caso i soci siano società di capitali, le imprese di assicurazione e gli enti creditizi.
La relazione illustrativa al decreto include tra i soggetti destinatari della disposizione anche le società cooperative e consortili, purché costituite in forma di Spa o di Srl in osservanza degli articoli 2519 e 2615-ter del codice civile. Tuttavia, l’attuale quadro normativo non obbliga le micro, piccole e medie imprese “non quotate” a redigere il bilancio di sostenibilità. In tali situazioni, la creazione e la valutazione della base informativa sui temi Esg può risultare particolarmente impegnativa per il valutatore.
Per le micro, piccole e medie imprese non quotate rendicontazione volontaria
Le micro, piccole e medie imprese non quotate possono comunque redigere volontariamente (o su richiesta di fornitori e clienti obbligati) una dichiarazione di sostenibilità o un documento analogo. Per spingere tali aziende a redigere la dichiarazione di sostenibilità, la Commissione Ue ha incaricato l’Efrag di sviluppare uno specifico standard di rendicontazione. Tale incarico ha portato alla bozza del principio Vsme Esrs, la cui versione finale è attesa nei prossimi mesi.
In ogni caso, le piccole e medie imprese quotate possono limitare la rendicontazione alle seguenti informazioni:
- una breve descrizione del modello e della strategia aziendale;
- una descrizione delle politiche dell’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità;
- i principali impatti negativi, effettivi o potenziali, dell’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità e le eventuali azioni intraprese per identificare, monitorare, prevenire o attenuare tali impatti negativi effettivi o potenziali o per porvi rimedio;
- i principali rischi per l’impresa connessi alle questioni di sostenibilità e le modalità di gestione di tali rischi;
- gli indicatori necessari per la comunicazione delle suddette informazioni. Il contenuto della rendicontazione deve essere ben chiaro al valutatore in quanto non tutte le questioni di sostenibilità hanno o potranno avere una significatività qualitativa/quantitativa ai fini della stima.
Dati ridotti all’essenziale
Nell’attesa che i primi report di sostenibilità 2025 siano redatti, l’Organismo italiano di contabilità ritiene necessario un forte impegno per modificare numerosi aspetti, ancora lacunosi, dei concetti di sostenibilità. L’iniziativa “Omnibus”, vista con particolare favore, deve però aver un respiro più ampio, guardare alla semplificazione e coinvolgere tutte le norme in materia di sostenibilità.
La mancanza di un vero coordinamento delle varie discipline europee, infatti, ha generato non poche problematiche in termini di informativa e di comportamenti che le imprese devono adottare.
L’intervento normativo, per l’Oic, non dovrà essere circoscritto all’informativa di reporting ma comprendere anche delle modifiche agli obblighi di complianceprevisti per il settore finanziario.
Sul piano dell’informativa del report di sostenibilità, l’Oic propone di ridurre la granularità delle informazioni in quanto, in alcuni casi, il livello di dettaglio di queste appare eccessivo. Dello stesso avviso Assonime che, nel position paper n.1/2025, sostiene che la direttiva deve escludere quei livelli di granularità dell’informazione che non consentano una focalizzazione sulle informazioni essenziali. Si dovrebbe introdurre un principio generale per cui l’impresa può fornire le informazioni con un minor livello di granularità rispetto a quanto previsto negli standard, quando vi siano giustificazioni ragionevoli.
Come nel sistema del Gri, dovrebbe essere introdotto un principio generale per cui l’impresa può omettere di fornire informazioni rilevanti quando esse sono soggette a limiti legali nella diffusione, quando non sono disponibili o sono incomplete. Per l’Oic, poi, è necessaria la sospensione, almeno nel breve termine, dei lavori sugli standard settoriali. Il futuro sviluppo degli standard non dovrebbe riguardare nuove informative ma essere uno strumento di semplificazione e di guida nell’applicazione degli standard agnostici. Sugli standard settoriali, poi, Assonime è alquanto tranchant; per l’associazione l’approccio utilizzato deve essere totalmente rivisto. Essi devono avere la funzione di specificare l’applicazione degli standard agnostici nei singoli settori, senza introdurre nuovi obblighi informativi. Nuovi indicatori potrebbero essere inseriti solo in via del tutto eccezionale e solo quando assolutamente necessario.
Lo sviluppo degli standard settoriali, quindi, dovrebbe seguire un processo congiunto con le altre istituzioni internazionali già in fase di elaborazione e non come un processo di adattamento successivo, in modo da consentire la piena e automatica interoperabilità. Si dovrebbe sempre consentire il ricorso agli standard di settore adottati dalle istituzioni internazionali più qualificate (Issb, Sasb e Gri). Inoltre, per l’Oic, nei lavori sugli standard settoriali andrebbe perseguito ex-ante l’obiettivo di interoperabilità con l’Ifrs Foundation sul contenuto delle disclosure.
Per la caratterizzazione e l’importanza propria degli standard settoriali ai fini della comparazione tra imprese, un lavoro di riconciliazione ex-post risulterebbe, infatti, praticamente impossibile. Infine, riguardo la disciplina delle cd. entity specific, l’Oic precisa che con tale strumento si rischia di estendere alla catena del valore le metriche, qualora materiali, che negli standard sono state espressamente limitate al perimetro della “reporting entity”.
Sempre nell’ottica della razionalizzazione e riduzione dei costi amministrativi, attraverso la regolamentazione Omnibus, si potrebbe valutare di reintrodurre l’esonero dal redigere il report di sostenibilità individuale per le sole società controllate di grandi dimensioni aventi titoli obbligazionari quotati, qualora incluse nel report di sostenibilità consolidato della capogruppo. Infine, si dovrebbe operare un coordinamento tra le diverse normative sulla sostenibilità. Esistono, infatti, disallineamenti che complicano l’applicazione degli standard di sostenibilità per le imprese. Si pensi, ad esempio, al caso del Gar (Green asset ratio) che è richiesto sia nell’articolo 8 della Tassonomia sia dall’informativa Pillar 3 ed è calcolato con criteri diversi, generando incoerenze.
La regolamentazione Omnibus potrebbe essere, quindi, l’occasione per semplificare la normativa e correggere i problemi coordinamento. Un ulteriore esempio di differenze tra le diverse normative è rappresentato dal fatto che, diversamente da quanto richiesto dalla Csrd, nel regolamento Sfdr e nel regolamento Tassonomia non è previsto il criterio della materialità, creando così discrepanze tra obblighi informativi.
Agli amministratori la responsabilità della rendicontazione
Sanzioni ridimensionate per i report di sostenibilità. La versione finale del dlgs 125/2024, infatti, è stata depurata dal precedente richiamo alle violazioni di cui agli articoli 2621, 2622 e 2630 del codice civile (e cioè alle false comunicazioni sociali per società quotate e non, e al reato di omesso deposito presso il registro delle imprese). Da subito erano state sollevate non poche criticità sul punto. Tanto che in una lettera (dell’11 aprile 2024) congiunta Abi, Ania, Assirevi, Assonime, Confindustria e Cndcec hanno portato all’attenzione del Mef la possibilità “di una riflessione più approfondita sull’individuazione delle misure sanzionatorie più adeguate”; in particolare, è stato richiesto che il quadro sanzionatorio fosse “adeguatamente riproporzionato, differenziandolo rispetto a quello oggi applicabile per la rendicontazione di bilancio, anche in linea con quanto stanno definendo gli altri principali paesi europei”. Il risultato è stata l’eliminazione del riferimento espresso al reato di false comunicazioni sociali.
L’attuale versione dell’articolo 10 del dlgs 125/2024, infatti, prevede in capo agli amministratori del soggetto obbligato la responsabilità di garantire che le informazioni richieste in materia di sostenibilità siano fornite in conformità a quanto previsto dalla normativa compete agli amministratori delle società interessate i quali, nell’adempimento dei loro obblighi, agiscono secondo criteri di professionalità e diligenza. L’organo di controllo, nell’ambito dello svolgimento delle funzioni ad esso attribuite, vigila sull’osservanza delle disposizioni del dlgs 125/2024 e ne riferisce nella relazione annuale all’assemblea.
L’ammontare delle sanzioni
Quanto all’ammontare delle sanzioni comminabili, l’art. 10 del decreto prevede che, fermo restando che l’inclusione della rendicontazione di sostenibilità nella relazione finanziaria annuale, per i 2 anni successivi all’entrata in vigore del decreto le sanzioni amministrative pecuniarie non possono eccedere l’importo di: 150.000 euro, in relazione alle sanzioni ex art. 193, commi 1–3 del dlgs 58/1998, applicate per la violazione degli obblighi previsti dall’art. 154-ter, co. 1-quater, del medesimo decreto legislativo; 2.500.000 euro, per le sanzioni comminabili in base al comma 1 dell’art. 193 del dlgs 58/1998, applicate per la violazione degli obblighi previsti dall’articolo 154-ter, co.1-quater, del decreto legislativo. Per il medesimo periodo le sanzioni previste dagli articoli 24 e 26-quater del dlgs n.39/2010, non possono eccedere l’importo di 125.000 euro, per le società di revisione, e di 50.000 euro per i revisori della sostenibilità.
Ai fini della determinazione del tipo e dell’ammontare delle sanzioni amministrative la Consob tiene conto di almeno una delle seguenti circostanze:
- procedure adottate dall’organo amministrativo della società per la redazione della rendicontazione di sostenibilità in conformità con il decreto, anche alla luce delle eventuali linee guida o indicazioni fornite dalle Autorità, nazionali ed europee, relativamente all’informativa di sostenibilità;
- violazione degli obblighi previsti dal decreto se connesse all’omissione o alla comunicazione di informazioni da parte delle imprese incluse nella catena del valore che non siano sottoposte a controllo della stessa società.