Dal Sole4Ore.
Il Codice della crisi ha sensibilmente ampliato il catalogo degli strumenti alternativi alla liquidazione giudiziale, introducendo, tra gli altri, la nuova figura del concordato semplificato, accessibile solo ed esclusivamente all’esito (negativo) del percorso di composizione negoziata.
Il significato apparentemente inequivoco del testo normativo, che fa riferimento al «concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio», fa emergere il carattere squisitamente liquidatorio della procedura, in attuazione del principio della garanzia patrimoniale.
La sintetica disciplina codicistica lascia aperta, tra le altre, la questione dell’applicabilità in via analogica al nuovo strumento delle regole dettate specificamente per il concordato preventivo ordinario.
La giurisprudenza prevalente conferma la finalità esclusivamente liquidatoria della procedura, che – pur precludendo necessariamente la continuità aziendale diretta – ammette quella indiretta, tanto che l’articolo 25 septies del Codice della crisi dispone che il piano possa comprendere l’offerta di acquisto dell’intera azienda (o di uno o più dei suoi rami), quando essa rappresenti la forma di miglior realizzo dei beni da liquidare.
Pare, pertanto, possa escludersi – come deciso dal Tribunale di Milano (decreto 14 settembre 2023) – l’ammissibilità di una proposta di concordato semplificato che preveda la liquidazione non integrale del patrimonio della debitrice.
In particolare, i giudici milanesi hanno censurato il piano concordatario nella parte in cui escludeva il collocamento sul mercato di due compendi alberghieri, prevedendo invece che gli stessi rimanessero nel patrimonio della debitrice, patrimonio destinato peraltro a confluire in quello della sua controllata all’esito di una fusione societaria.
L’operazione contrasterebbe con l’essenza liquidatoria del concordato semplificato, certamente compatibile – come anticipato – con la continuità indiretta, purché accompagnata e funzionale da un’integrale dismissione degli elementi costituenti il patrimonio del debitore.
D’altra parte, ad avviso del Collegio milanese, non è un caso che fra le norme che regolano l’esecuzione del concordato preventivo, richiamate dall’articolo 25 sexies del Codice della crisi, non figurino l’articolo 120 quater, che detta le condizioni per addivenire all’omologazione della procedura con attribuzioni ai soci, e l’articolo 116, che tratta le operazioni straordinarie (come la fusione).
Peraltro, la descritta incompatibilità è stata evidenziata anche dalla Suprema corte (Cassazione, 26005/2018), secondo cui, in caso di proposta concordataria con funzione liquidatoria, al fine di ottenere l’effetto esdebitatorio tipico della procedura, la cessione dei beni deve essere totale, integrando la stessa, in caso contrario, una lesione del principio di responsabilità patrimoniale del debitore di cui all’articolo 2740 del Codice civile.
In altri termini, non è esclusa del tutto la possibilità che nel concordato semplificato si possa dar luogo a operazioni straordinarie, purché esse siano mosse dal fine ultimo della miglior liquidazione sul mercato, e non certo, come nel caso di specie, indirizzate a una fusione che miri a “trattenere” gli asset all’interno del perimetro societario.