Su italiaoggi la disamina dell’Inrl sui nuovi strumenti per la valutazione della crisi d’impresa e il dettaglio del nuovo programma di alta formazione dell’istituto


Da Italiaoggi. Nel contesto economico attuale, l’adeguato assetto organizzativo delle imprese assume un ruolo sempre più cruciale. Ciò anche considerata l’introduzione del riformato Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (ccii). Invero, il decreto legislativo 14/2019, che ha introdotto il ccii, rappresenta una svolta significativa per le imprese italiane. E’ di recente approvazione da parte del consiglio dei ministri il terzo decreto correttivo al codice della crisi d’impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) che segna un passo avanti nell’aggiornamento della normativa sulla gestione delle crisi aziendali. Da qui la disamina elaborata dall’avvocato Francesco Vitelli, dall’avvocato Matteo Maria Morelli, senior associate presso Baker McKenzie e dal revisore legale Simona Pastorino, internal audit e delegata Inrl. Una analisi nella quale si evidenzia che la riforma non si è limitata a riorganizzare le procedure concorsuali, ma ha anche introdotto nuovi strumenti per la rilevazione tempestiva della crisi, con l’obiettivo di evitare situazioni irreversibili.  In particolare, l’art. 2086, comma 2, c.c. ha rafforzato l’obbligo per l’imprenditore di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alle dimensioni e alla natura dell’impresa. Tale obbligo non riguarda solo le grandi società, ma si applica anche alle imprese minori, imponendo la creazione di strutture organizzative idonee a monitorare e prevenire situazioni di difficoltà finanziaria. L’intento del legislatore, con questa norma, è di far emergere tempestivamente i segnali di crisi, così da consentire una rapida adozione di misure correttive e favorire, quindi, il recupero della continuità aziendale. La novità, rispetto al passato, risiede nell’importanza che viene affidata all’attività di prevenzione e nel tentativo – indiretto potremmo dire – di rafforzare la spinta ad una cultura d’impresa orientata alla sostenibilità e all’etica. In tale contesto, i modelli di organizzazione, gestione e controllo (mogc) previsti dal D.Lgs. 231/2001, sebbene rimangano facoltativi, acquisiscono un peso crescente nella valutazione complessiva degli assetti organizzativi aziendali. Peso, talmente significativo a parere di chi scrive, da sfumare grandemente tale facoltatività, in favore di un onere che, in una lettura sistematica, pare atteggiarsi sempre più da obbligo indiretto. La previsione di adeguati assetti organizzativi è una diretta conseguenza dell’approccio di risk management adottato dal legislatore, che mira a dotare le imprese di strumenti per individuare e gestire i rischi legati alla loro attività. Gli amministratori devono quindi implementare sistemi di controllo interno volti a garantire non solo la conformità alle norme vigenti, ma anche la salvaguardia della continuità aziendale e la prevenzione delle crisi. Tale assetto deve essere strutturato in modo da consentire un monitoraggio continuo dei rischi e una pronta risposta agli eventuali segnali di crisi. Tuttavia, questa nuova attenzione all’adeguatezza degli assetti organizzativi, inevitabilmente, porta con sé anche ulteriori responsabilità in capo agli imprenditori. Il legislatore ha chiarito che la mancata adozione di un adeguato assetto (in materia 231) costituisce una colpa di organizzazione, con tutte le conseguenze giuridiche che ne derivano. Volendo applicare un parallelismo, a fronte di una crisi, gli organi gestori possono essere chiamati a rispondere non solo per le decisioni che hanno determinato tale crisi, ma anche per la carenza di strumenti organizzativi in grado di prevenire o mitigare gli effetti della crisi medesima.

Parallelamente agli obblighi giuridici, la riforma del ccii promuove una trasformazione culturale nelle imprese, indirizzandole – con molteplici strumenti – verso un comportamento che dovrebbe porre alla base delle scelte aziendali l’etica e l’integrità. L’adeguato assetto organizzativo non si limita, dunque, alla gestione interna, ma implica anche una maggiore attenzione ai temi della responsabilità sociale d’impresa (csr), con un focus su trasparenza, correttezza e sostenibilità. L’etica d’impresa in questo modo diviene una componente essenziale della governance aziendale, nonché un fattore competitivo nel lungo periodo. In questo quadro, si rafforza il legame tra il “tone from the top“, ossia l’esempio e la direzione impartita dal management, e l’adozione di politiche aziendali responsabili. Le imprese sono chiamate non solo a rispettare la normativa, ma anche a promuovere attivamente un ambiente etico che coinvolga tutti i dipendenti, favorendo un comportamento responsabile a ogni livello dell’organizzazione.

Un ulteriore sviluppo che incide profondamente sugli assetti organizzativi delle imprese è rappresentato dalle nuove normative europee, in particolare la corporate sustainability reporting directive (csrd) e la corporate sustainability due diligence directive (cs3d). La csrd, che richiede alle aziende di fornire informazioni dettagliate sul loro impatto ambientale, sociale e di governance (esg), estende l’obbligo di rendicontazione a un numero sempre maggiore di imprese, imponendo una maggiore trasparenza sulle attività svolte e sui rischi legati alla sostenibilità.

La cs3d, ancora in fase di definizione, introdurrà probabilmente obblighi di due diligence per le imprese, con l’obiettivo di garantire che queste identifichino e affrontino i potenziali impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente lungo tutta la loro catena di fornitura. Tali obblighi avranno un impatto rilevante sulla governance aziendale, imponendo un’attenta gestione dei rischi e la creazione di procedure che assicurino la conformità alle normative europee in materia di sostenibilità. Queste direttive rafforzano ulteriormente l’importanza di un assetto organizzativo adeguato, in grado di affrontare non solo le crisi economiche, ma anche i rischi legati alla sostenibilità e alla responsabilità sociale d’impresa. In tal modo, l’adeguato assetto organizzativo diventa uno strumento essenziale per garantire la continuità aziendale e per soddisfare le crescenti aspettative di compliance normativa e di gestione responsabile delle imprese. Con la csrd e la cs3d le imprese sono tenute ad allineare la loro struttura organizzativa alle esigenze di sostenibilità, integrando il monitoraggio dei rischi (ambientali e sociali ma l’elenco nel tempo potrà soltanto ampliarsi) nelle decisioni aziendali quotidiane.

Le imprese italiane si trovano dunque di fronte a un doppio (triplo?) binario di responsabilità: da un lato, la necessità di adottare assetti organizzativi idonei a prevenire e gestire le crisi economiche, nonché l’onere di ridurre per quanto possibile il rischio-reato; dall’altro, il dovere di dimostrare un impegno concreto nei confronti della sostenibilità e dell’etica. Il successo, in tale contesto, dipenderà dalla capacità degli organi gestori di implementare modelli organizzativi flessibili, ma al tempo stesso rigorosi, in grado di adattarsi alle continue evoluzioni normative e alle sfide poste dai mercati globali. Dunque, al fine di proteggere l’impresa, sarà imprescindibile la piena integrazione di questi principi nei processi aziendali, non trascurando il fatto che tale assetto può anche essere la leva per acquisire un vantaggio competitivo, favorendo la fiducia degli stakeholders e promuovendo una crescita sostenibile nel lungo termine. Non meno importante risulta in questo processo il ruolo degli organi di controllo quali sindaci e, di recente, anche ai revisori legali (correttivo-ter al ccii) ai quali viene attribuito l’obbligo delle segnalazioni su situazioni di insolvenza, nella fase di prevenzione della crisi, al fine di rilevare in anticipo ed esaminare le difficoltà dell’impresa nella ricerca di possibili soluzioni In definitiva, il comma 2 dell’art. 2086 c.c. rappresenta non solo un obbligo normativo sanzionabile di conformità dell’organo direttivo nel rispetto delle scelte di gestione, ma anche un’opportunità per le piccole e medie imprese italiane di miglioramento della performance della propria attività. Un’interpretazione del dovere di implementare adeguati assetti di cui all’art. 2086 c.c. intesa come performativa, dunque, e non soltanto sanzionatoria.

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Al via la nuova sessione di alta formazione Inrl

Cinque incontri per un totale di 20 ore di lezioni su materie di stringente attualità per gli impegni professionali dei revisori legali: è il programma (in fase di accreditamento presso il Mef) della seconda sessione di alta formazione dell’Inrl, a pagamento, che partirà il prossimo 4 ottobre e si concluderà il 6 dicembre. Ad aprire la nuova sessione sarà il professor, avvocato  Massimiliano Annetta che tratterà il tema dei principi di attestazione della rendicontazione di sostenibilità mentre successivamente Camilla Rubega, consigliera nazionale dell’istituto,   illustrerà nel dettaglio il recepimento della direttiva csrd – corporate sustainability reporting directive, destinata ad incidere in modo sostanziale nell’attività revisionale delle società. E’ bene ricordare che la direttiva UE ha introdotto il concetto della ‘doppia rilevanza’ ovvero la puntuale valutazione dell’impatto delle varie attività dell’impresa sia sulle persone che sull’ambiente. Nel secondo appuntamento, calendarizzato il 18 ottobre, l’avvocato Cristina Guelfi tratterà il tema dei gruppi europei di interesse economico, con una disamina sulle reti d’impresa, le ati ed i consorzi. E nella sessione successiva di quella giornata formativa, la professoressa Anna Maria Ruggieri illustrerà nel dettaglio le tecniche di campionamento e l’analisi degli ‘errori rilevati’. Nel terzo incontro di alta formazione, fissato l’8 novembre sarà la volta dei professori Giorgio De Lucchi e Lorenzo Veroli che tratteranno la rendicontazione Oic 10 e Oic 11, il bilancio consolidato ed il metodo del patrimonio netto. Nella quarta giornata formativa, calendarizzata il giorno 22 novembre, Anna Maria Ruggieri illustrerà l’analisi di bilancio come strumento di indagine nella revisione ed il professor Roberto Belotti si soffermerà sui casi pratici di utilizzo degli standards di global reporting initiative (gri) per la rendicontazione di sostenibilità. A concludere il secondo ciclo di alta formazione, il 6 dicembre, sarà  la lezione di Camilla Rubega sull’incarico di revisione, con accettazione e mantenimento e la disamina di Simona Pastorino sul controllo interno, CoSo report. Tutte le lezioni saranno disponibili in diretta tramite google meet. Peer informazioni si può contattare la segreteria dell’istituto alla email: segreteria@revisori.it

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