Dal Sole24Ore.
La riduzione dei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni è una delle principali riforme del Pnrr (n. 1.11), su cui è intervenuto l’articolo 4-bis del Dl 13/2023. La Ragioneria generale ha poi fornito le indicazioni operative, nelle circolari 1, 17 e 25/2024, con le quali è stata sottolineata la necessità di programmare una veritiera e attendibile previsione di cassa, necessaria per garantire il raggiungimento dell’obiettivo.
Riflettendo sulla reale situazione degli enti locali, chiamati a redigere un corretto Programma dei pagamenti (articolo 183, comma 8, del Tuel e paragrafo 9.3 del principio contabile applicato della programmazione, allegato 4/1 al Dlgs 118/2011), emerge la necessaria collaborazione tra i responsabili chiamati all’elaborazione e all’utilizzo degli strumenti di flessibilità previsti dalla normativa, per evitare ritardi nei pagamenti, anche con l’adozione di misure organizzative già peraltro previste dall’articolo 9, comma 1, lettera a) del Dl 78/2009.
Ma quando sono gli enti locali a dover riscuotere i propri crediti da altri enti del comparto pubblico, quali regole si applicano?
La riflessione è stimolata dallo stesso legislatore, che introduce un collegamento tra gli obblighi imposti dal Dlgs 231/2002 sul rispetto dei tempi di pagamento fissati ordinariamente in 30 giorni, e quello dei tempi di erogazione di eventuali finanziamenti imposti dall’ormai meno noto Dl 66/2014. Questo decreto, all’articolo 44, impose il rispetto del termine di 60 giorni anche agli enti finanziatori (termine ridotto a 30 giorni dall’articolo 40, comma 2 del Dl 19/2024), ed è il legislatore a specificare che la regola venne introdotta proprio per agevolare il rispetto dei tempi di pagamento di cui al Dlgs 231/2022, comprendendo che fra le cause dei ritardi c’è la ridotta liquidità degli enti.
È da chiedersi se questa disposizione possa pienamente applicarsi anche ai rapporti tra ente titolare e ente attuatore nell’ambito dei progetti Pnrr…