Da ItaliaOggi.
Da studio associato a società di capitali esentasse. Potrà avvenire in regime di neutralità fiscale il passaggio da aggregazioni di professionisti soggette ad Irpef a società sottoposte al regime del reddito d’impresa; non imponibili i riaddebiti al cliente per spese sostenute per suo conto e conseguente indeducibilità delle stesse spese; queste, oltre all’affermazione del principio di onnicomprensività e al coordinamento dell’imputazione temporale del reddito tra compensi percepiti e ritenute operate dai committenti sono le principali novità dello schema di decreto legislativo approvato nel consiglio dei ministri del 30 aprile scorso, attuativo della delega fiscale in tema di revisione Irpef ed Ires.
È l’articolo 6 dello schema di decreto a riscrivere, da capo a piedi, la disciplina dei redditi di lavoro autonomo; da un lato vengono declinati i principi dettati dalla delega fiscale e dall’altro vengono definitivamente chiarite e trasfuse in disposizioni normative, alcune fattispecie fino ad ora disciplinate per via interpretativa che negli anni passati avevano contribuito a rendere la materia parecchio scivolosa.
La relazione illustrativa sottolinea in più punti la volontà di avvicinare le modalità di determinazione del reddito di lavoro autonomo a quelle proprie del reddito di impresa. In tale direzione, ad esempio, il principio citato di onnicomprensività permette di dare rilevanza ai fini del reddito di lavoro autonomo a componenti reddituali che nell’ambito del reddito d’impresa costituiscono sopravvenienze attive e passive in senso proprio e, in particolare, a quelle che costituiscono rettifiche, in aumento o in diminuzione, di componenti positivi e negativi che hanno concorso a formare il reddito di precedenti periodi d’imposta.
In tal senso, pur rimanendo come faro il principio di cassa (a parte alcuni elementi quali ammortamenti, canoni di leasing, Tfr), si deroga a tale criterio introducendo il secondo periodo del comma 1 del nuovo articolo 54 del Tuir, secondo cui le somme e i valori in genere percepiti nel periodo di imposta successivo a quello in cui gli stessi sono stati corrisposti dal sostituto d’imposta si imputano al periodo di imposta in cui sussiste l’obbligo da parte di quest’ultimo di effettuazione della ritenuta.
Cessione di clientela
Il principio di onnicomprensività interessa anche ipotesi particolari di cessione dello studio professionale, meglio nota come cessione di clientela. Da un punto di vista formale è stato eliminato il comma 1-quater dell’articolo 54 del tuir, relativo, appunto alla tassazione dei corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, comunque, riferibili all’attività professionale; ciò perché, appunto, la tassazione di tali elementi è implicita nel principio di onnicomprensività. Parallelamente, per tali componenti è prevista la tassazione separata con la modifica della lettera g-ter) dell’articolo 17, comma 1, del Tuir purché vengano percepiti in un unico periodo di imposta, anche in più tranches; peraltro beneficiano della tassazione separata anche le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni, società ed enti comunque riferibili all’attività artistica o professionale esercitata. Le plusvalenze relative a partecipazioni non riferibili all’attività artistica o professionale restano, naturalmente, produttive di redditi diversi.
Spese sostenute per conto del cliente
Il comma 2 dell’articolo 54 del Tuir prevede l’esclusione dal concorso alla formazione del reddito di alcune ipotesi; tra queste la novità è costituita dal rimborso delle spese sostenute dal professionista per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente.
La volontà espressa è di evitare che i professionisti debbano considerare compensi tali rimborsi che nella realtà non costituiscono alcun incremento di ricchezza. Tanto più che su tali somme i professionisti devono farsi operare anche la ritenuta in sede di riaddebito.
Necessariamente a fronte della non imponibilità dei riaddebiti è prevista la non deducibilità delle stesse spese sostenute. Così i rimborsi analitici, ad esempio, delle spese di viaggio, trasporto, vitto e alloggio saranno irrilevanti ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, non concorrendo dette somme alla formazione del reddito sia dal lato attivo (con conseguente inapplicabilità della ritenuta da parte del committente) sia dal lato passivo (con conseguente indeducibilità delle spese sostenute oggetto di rimborso).
Ma che succede se tali spese anticipate dal professionista non vengono rimborsate dal committente? Coerentemente il decreto prevede una disciplina analoga a quella della deducibilità delle perdite su crediti previste per i redditi d’impresa. Le spese non rimborsate da parte del committente divengono deducibili se il committente ha attivato una procedura concorsuale o para concorsuale di cui al codice della crisi (con dettagliata individuazione del momento rilevante per ciascuna procedura), se vi è stata una procedura individuale (pignoramento) infruttuosa o se si è perfezionata la prescrizione del corrispondente credito.
Con opportuna norma di chiusura, poi, si prevede che, per i rimborsi spese di importo non superiore a 2.500 euro, la deducibilità è automatica se entro un anno dalla loro fatturazione il committente non ha provveduto al pagamento.
Plusvalenze e minusvalenze
Sempre con l’obiettivo di avvicinare il reddito di lavoro autonomo a quello di impresa, il decreto interviene sulla determinazione e tassazione delle plusvalenze realizzate da professionisti. Particolarmente opportuna è la disposizione relativa ai beni a deducibilità limitata quali le autovetture o le apparecchiature telefoniche. Per tali beni, come previsto per il reddito d’impresa, le plusvalenze e le minusvalenze rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato. Cioè a dire che non tutta la plusvalenza sarà imponibile ma solo quella riferibile al costo del bene fiscalmente deducibile. Attinta dal reddito d’impresa anche la disciplina relativa ai contratti di locazione finanziaria sia di beni mobili che immobili. Ebbene, in caso di cessione di detti contratti, concorre a formare il reddito il valore normale del bene al netto del prezzo stabilito per il riscatto e dei canoni relativi alla residua durata del contratto, attualizzati alla data della cessione medesima.
Una differenza che permane con il reddito d’impresa è invece quella relativa all’impossibilità, per il professionista, di rateizzare le plusvalenze realizzate; il principio di cassa impone, infatti, la tassazione integrale nell’esercizio di percezione.
Ammortamenti, alcune misure immediate
In attesa di uno specifico decreto delegato riservato agli immobili alcune misure relative ad ammortamenti dei beni mobili vengono adottate immediatamente. Anche per i professionisti sarà applicabile la riduzione alla metà della quota di ammortamento deducibile nel primo periodo d’imposta nonché la deducibilità del costo residuo del bene non ancora completamente ammortizzato, in caso di sua eliminazione dall’attività. Per quanto concerne le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli immobili strumentali e di quelli utilizzati promiscuamente viene prevista la deducibilità delle stesse (in misura integrale ovvero pari al 50 per cento per gli immobili a uso promiscuo), da ripartire in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei cinque successivi (cfr. art. 54-quinquies, commi 1 e 2, ultimo periodo).
Semplificazioni anche in tema di spese relative alla manutenzione ordinaria dei beni immobili utilizzati nell’esercizio dell’attività. Queste restano deducibili (in misura integrale ovvero pari al 50 per cento per gli immobili a uso promiscuo) nell’esercizio di sostenimento, secondo il criterio di cassa; viene così abbandonato il criterio attuale 8troppo oneroso per i professionisti) che prevede la deducibilità di tali spese, nel periodo d’imposta di sostenimento, nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, quale risulta all’inizio del periodo d’imposta dai registri contabili, e per l’eventuale eccedenza, in quote costanti nei cinque periodi d’imposta successivi.
Anche per i beni immateriali le principali novità traggono origine dalla disciplina del reddito d’impresa. In analogia con l’articolo 103 del Tuir, si prevede che le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico siano deducibili in misura non superiore al 50 per cento del costo. Viene altresì disciplinata la deduzione dei costi di acquisizione della clientela e di elementi immateriali relativi alla denominazione o ad altri elementi distintivi dell’attività professionale. Per detti elementi immateriali viene prevista la deducibilità delle quote di ammortamento del relativo costo in misura non superiore a un diciottesimo del costo stesso, in considerazione della loro sostanziale equiparabilità ai marchi d’impresa o al valore di avviamento.
Neutralità fiscale per le trasformazioni di studi in società tra professionisti
Molto attesa ed opportuna è l’attuazione del principio della delega che auspica la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti.
Più in generale, l’articolo 177-bis del Tuir disciplina ora la fiscalità delle operazioni straordinarie poste in essere da soggetti esercenti attività professionali.
Il principio di base prevede che i conferimenti in società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico (Società Tra Professionisti) non siano considerati realizzativi e quindi, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze. Il conferimento può includere attività materiali (beni, crediti, rimanenze) e immateriali, inclusa la clientela e altri elementi immateriali, nonché passività.
Analogamente a quanto avviene nel regime del reddito d’impresa, la neutralità fiscale è condizionata al fatto che il soggetto conferente assuma, quale valore delle partecipazioni ricevute, la somma algebrica dei valori fiscalmente riconosciuti di attività e passività conferite e il soggetto conferitario subentri nella posizione di quello conferente in ordine a quanto ricevuto, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti nelle scritture contabili e i valori fiscalmente riconosciuti. La neutralità fiscale si applica a diversi tipi di operazioni.
La disciplina si rende applicabile, altresì alle trasformazioni, fusioni e scissioni di società tra professionisti, nonché alle medesime operazioni delle associazioni professionali o società semplici di cui all’articolo 5 del Tuir e tra le società tra professionisti e le associazioni professionali o società semplici di cui all’articolo 5 del Tuir.
È inoltre previsto che il passaggio dal regime del reddito di lavoro autonomo a quello di impresa (e viceversa) implicito nelle operazioni straordinarie non determini salti o duplicazioni di imposizione. Ciò è garantito dalla previsione secondo cui i componenti positivi e negativi che hanno già concorso alla formazione del reddito, prima dell’operazione non assumono rilevanza nella determinazione del reddito dei periodi di imposta successivi all’operazione stessa.
Una precisazione importante attiene al coordinamento impositivo nel passaggio da un regime di cassa (lavoro autonomo) ad uno di competenza (reddito d’impresa). Ebbene i componenti che non hanno ancora concorso alla determinazione del reddito di lavoro autonomo secondo il criterio di cassa concorreranno alla determinazione del reddito d’impresa al momento della manifestazione finanziaria. È il caso di un credito non ancora incassato al momento della trasformazione che concorrerà alla determinazione del reddito al momento dell’incasso