Dal Sole24Ore un articolo di Valeria Uva sulla complessità della materia che riguarda le competenze delle varie professioni.
Prima l’ordinanza del Consiglio di Stato che ha rinviato alla Corte costituzionale la decisione sulla possibilità per i tributaristi di assegnare il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali. Poi la sentenza della Cassazione sull’esercizio abusivo della professione per le società che svolgono in maniera continuativa e strutturale varie attività contabili, fiscali e di consulenza del lavoro senza adeguata e chiara informativa alla clientela.
Sono solo gli ultimi due episodi di una lunga scia di contrapposizioni tra professioni che nascono da perimetri incerti e si trascinano da decenni dentro e fuori le aule dei tribunali.
Il quadro normativo
Contrapposizioni alimentate, appunto, anche da norme generiche: come ad esempio quelle del decreto 139 del 2005 istitutivo dell’Ordine commercialisti ed esperti contabili che ha sì previsto per questi professionisti attività loro riservate, ma senza riconoscere una esclusiva. Un discorso analogo riguarda i consulenti del lavoro che per legge (la n. 12 del 1979) godono sì di una riserva sugli adempimenti in materia di lavoro, previdenza, assistenza e fiscalità, ma la stessa legge attribuisce queste attività anche a quei commercialisti, avvocati, ragionieri e periti commerciali che si registrano presso l’ispettorato del lavoro (solo tra i commercialisti sono circa 30mila quelli che l’hanno fatto). Il quadro si è complicato con l’arrivo nel 2003 della legge n. 4 che per la prima volta ha regolamentato l’attività di professionisti non iscritti agli Ordini, ma alle associazioni vigilate dal ministero delle Imprese.
L’arrivo dei nuovi Albi
Eppure non si tratta solo di vecchie questioni di «perimetro». Sempre di più oggi i professionisti sono chiamati ad esercitare attività nuove, a certificare stati e condizioni, che possono essere l’unica via di accesso a bonus e crediti di imposta (come nel caso delle asseverazioni del Superbonus). Sono ben 13 infatti gli Albi ed elenchi nati (o riformati) negli ultimi anni: da quello dei gestori delle crisi di impresa (aperto a commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro) all’ultimo in avvio mercoledì 21 febbraio, ovvero l’albo dei certificatori dei crediti di imposta in Ricerca e sviluppo, che, secondo il decreto istitutivo è aperto a chiunque sia «in possesso di titolo di laurea idoneo rispetto all’oggetto della certificazione». Ma i 15 progetti già seguiti, richiesti per l’accesso, alzano di molto l’asticella. Naturale, quindi, che tra le professioni, ordinistiche e non, si sia accentuata l’esigenza di mettere sempre più in chiaro le proprie competenze, meglio se in esclusiva, intervenendo con emendamenti o modifiche regolamentari.
Un esempio su tutti quello dei tributaristi che hanno appena ottenuto due riconoscimenti. Il primo è la possibilità di iscriversi all’Albo unico dei consulenti tecnici d’ufficio: «Prima la scelta era diversa da tribunale a tribunale» precisa Roberto Falcone a capo della Lapet, l’associazione di tributaristi che ha promosso il ricorso sul visto di conformità. Ora invece il decreto 109/2023 che ha istituito l’Albo dei Ctu ammette tutti i professionisti, anche i non ordinistici.
Da ultimo poi il decreto anticipi ha concesso anche ai tributaristi di assistere il cliente durante le verifiche fiscali. A Falcone non basta: «Oltre al visto di conformità, chiediamo anche di poter patrocinare nelle liti tributarie» aggiunge.