Dal Sole24Ore.
Per consentire un’esecuzione più rapida e sicura dei piani di concordato in continuità, il decreto correttivo del Codice della crisi (Dlgs 136/2024) razionalizza le procedure delle operazioni straordinarie e semplifica le modifiche statutarie.
Le molte novità in tema di concordato introdotte dal Dlgs 136 (si veda la scheda a fianco) puntano infatti a favorire la conservazione dei valori aziendali. A questo scopo il decreto rafforza anche la separazione tra i piani di concordato in continuità e quelli per la liquidazione del patrimonio (già presente nel Codice sin dalla sua entrata in vigore) e consacra in modo definitivo l’assimilazione della continuità indiretta a quella diretta, indipendentemente dal soggetto che gestirà l’azienda dopo l’omologa del tribunale.
Gli snellimenti
il decreto correttivo razionalizza il percorso delle operazioni straordinarie (per lo più funzionali alla continuità): il nuovo articolo 116 concentra l’approvazione di trasformazioni, fusioni e scissioni all’interno del procedimento di omologa, prevedendo che le doglianze dei creditori – anche di quelli delle società terze in bonis coinvolte nelle operazioni – si fanno valere con opposizione all’omologa.
Il nuovo articolo 120 quinquies prevede che, qualunque sia l’operazione straordinaria prevista dal piano, la sentenza di omologa determina direttamente le modificazioni statutarie, compresi aumenti e riduzioni di capitale, anche con limitazione o esclusione del diritto di opzione o incidenti in altro modo sui diritti dei soci, e tiene luogo delle deliberazioni di trasformazione, fusione e scissione. Se nella fase esecutiva amministratori e soci restano inerti, il tribunale nomina un amministratore giudiziario, che può compiere gli atti esecutivi, convocare l’assemblea e votare al posto dei soci inerti.
Altre due norme di favore per la continuità: l’articolo 118-bis, nuovo di zecca, consente anche dopo l’omologazione modifiche sostanziali al piano, purché attestate e positivamente vagliate dal tribunale; l’articolo 92, comma 3, prevede espressamente che il commissario giudiziale possa coadiuvare i negoziati tra debitore e creditori per integrare o modificare piano e proposta in continuità.
Nomina dei liquidatori
Il nuovo articolo 114-bis introduce ex novo una regolamentazione dedicata alla «liquidazione nei piani di continuità», distinta da quella dettata dall’articolo 114 per i concordati liquidatori (che, ora viene chiarito, comprendono anche la cessio bonorum).
È pacifico, nell’architettura del Codice, che un piano in continuità – diretta o indiretta – non è incompatibile con la liquidazione di parte dell’attivo: lo dice chiaramente l’articolo 84, comma 3, secondo il quale l’elemento caratterizzante l’istituto è il fatto che la soddisfazione dei creditori derivi almeno in parte dal ricavato della continuità.
Se il piano prevede la cessione dell’azienda, tale vendita deve avvenire con trasparente ricorso al mercato; lo stesso dicasi se, pur avendosi continuità diretta, vi sono beni e diritti non strategici da liquidare.
Prima dell’omologa, si ricorre alle offerte concorrenti (articolo 91); dopo l’omologa, il nuovo articolo 114-bis prevede che il tribunale possa nominare uno o più liquidatori – assistiti da un comitato di creditori – per procedere alle operazioni di liquidazione in modo celere ed efficiente, operando con pubblicità e trasparenza. E precisa (al comma 3), che alle operazioni del liquidatore si applicano le regole del Codice civile sulle vendite coattive (articoli 2919 e seguenti) e che sarà il giudice a ordinare la cancellazione di tutti i vincoli.
Se vi sono beni soggetti a gravami (ad esempio pegni anche rotativi su beni aziendali o partecipazioni, ipoteche, pignoramenti e sequestri), non vi è infatti modo di purgarli, se non attraverso un procedimento formale che si conclude con un decreto del giudice.