Dal Sole24Ore.
Le disposizioni dedicate al trattamento dei crediti tributari e contributivi – nella legge fallimentare prima e nel Codice della crisi poi – hanno vissuto varie stagioni, da quando vennero introdotte nell’ordinamento nel 2005. Sono state, infatti, modificate più volte, alla continua ricerca di un assetto normativo che favorisse il recupero dei crediti erariali e il risanamento delle imprese in crisi, da un lato, ed evitasse abusi e ingiustificati benefici per i debitori, dall’altro.
Un quadro di norme coerente ed equilibrato è del resto necessario sia per contemperare le contrapposte esigenze e i diritti dei vari soggetti interessati ai risanamenti aziendali, sia per rendere possibile quel bilanciamento di principi (di capacità contributiva, di buon andamento della pubblica amministrazione e di uguaglianza) che, anche sotto il profilo costituzionale, occorre compiere per giustificare il sacrificio che l’amministrazione finanziaria e gli enti previdenziali subiscono a seguito della falcidia dei loro crediti; falcidia che deve essere quindi compensata dai vantaggi generati, oltre che dal recupero – seppur parziale – delle somme a essi dovute, dal salvataggio di imprese che meritino di essere conservate, in considerazione delle utilità che possono successivamente produrre per la collettività, se hanno effettivamente la capacità di riacquisire e di conservare nel tempo il proprio equilibrio economico-finanziario e patrimoniale.
Il Dlgs 13 settembre 2024, n. 136 (il cosiddetto terzo decreto correttivo del Codice della crisi) incide significativamente sul trattamento di questi crediti, con modifiche che nella maggior parte dei casi agevoleranno il risanamento delle imprese.
Va in questa direzione il comma 2-bis dell’articolo 23 del Codice della crisi aggiunto dal correttivo, grazie al quale, anche nel corso della composizione negoziata potrà, essere concluso un accordo transattivo tra il debitore e le agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Riscossione).
L’impossibilità di ridurre nella composizione negoziata anche i debiti relativi ai tributi (e non solo quelli inerenti a sanzioni e interessi) ha costituito, nei suoi quasi tre anni di applicazione, un freno al miglior utilizzo di tale percorso, in presenza (come spesso è accaduto) di debiti tributari di rilevante entità. Infatti, il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari e contributivi è consentito, nei vari istituti previsti dal Codice della crisi, solo in presenza:
di apposite norme che lo permettano attraverso uno specifico procedimento, qual è quello della transazione fiscale, che anteriormente al correttivo era previsto dagli articoli 63 e 88 del Codice esclusivamente nell’ambito dell’Adr o del concordato preventivo; oppure
di una disposizione che, seppur non introducendo uno specifico procedimento, consente la falcidia di tutti i crediti e quindi anche di quelli tributari e contributivi, qual è, ad esempio, quella stabilita dall’articolo 25-sexies relativamente alla falcidia della generalità dei debiti nel concordato semplificato.
Le modifiche apportate alle norme sul trattamento dei debiti tributari e contributivi sono state elaborate partendo da un testo iniziale che ha subito notevoli modifiche nel corso dei lavori preparatori ed è per questo motivo che tali disposizioni peccano talvolta sul piano della sistematicità, della coerenza e dell’efficacia. Tuttavia, rappresentano nel complesso un sicuro miglioramento rispetto alla disciplina previgente…