Sugli illeciti fiscali delle società ridefiniti ruolo e responsabilità dei professionisti consulenti


Dal Sole24Ore.

Illeciti fiscali, per i professionisti difficile escludere responsabilità

Cassazione. Non sono solo i vantaggi extra in denaro a far scattare il coinvolgimento del consulente con la società: gli possono essere contestati i rischi di perdita del cliente o l’acquisizione di altri incarichi

A cura di Laura Ambrosi Antonio Iorio

Il professionista risponde a titolo di concorso delle violazioni tributarie commesse dalla società cliente ma deve aver conseguito un beneficio specifico, non limitato al corrispettivo ordinario connesso alle prestazioni professionali rese. 

È questo il più recente (e nuovo) orientamento della Corte di cassazione in tema di concorso del professionista nelle violazioni commesse dai propri clienti, espresso con la sentenza 23229/2024 (si veda anche Il Sole 24 Ore del 29 agosto). 

Secondo la Suprema Corte, quindi, la responsabilità del consulente scatta solo se egli consegue benefici che vadano ben oltre il corrispettivo della propria prestazione. Di conseguenza sarebbe esclusa la responsabilità del professionista terzo in assenza di un proprio interesse (verosimilmente economico).

Con questa sentenza i giudici di legittimità, intervenuti negli ultimi mesi sulla delicata questione, hanno di fatto smentito i principi espressi in precedenza dalla medesima Corte (si veda l’articolo in basso). 

Il criterio dell’ulteriore beneficio ricavabile, oltre al proprio compenso professionale (ipotizzando che sia effettivamente questo il definitivo orientamento della Cassazione), certamente attenua i rischi di responsabilità che altrimenti (in base alle prime sentenze di luglio) sembrerebbe di fatto pressoché generalizzata. 

Questo mutato orientamento, se pedissequamente applicato dall’amministrazione finanziaria, rischia di generare parecchi problemi ai professionisti e in particolare ai consulenti fiscali.

Il ruolo del consulente

Non vi è dubbio infatti che in materia tributaria molte decisioni “interpretative” a fronte di situazioni “borderline” siano assunte dalla società su suggerimento o quanto meno con l’avallo del proprio consulente.

Peraltro si tratta di circostanze, in molti casi, anche agevolmente riscontrabili (mail con i clienti, incontri, rilascio di memo/pareri, eccetera) per cui sotto questo profilo l’amministrazione non avrebbe particolari difficoltà a individuare (anche) nel consulente colui che ha suggerito (o quanto meno avallato) l’operazione/comportamento poi censurato dai verificatori. 

Quindi a ben vedere, in concreto, il rischio di situazioni censurabili è abbastanza alto.

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