Terzo settore in allarme: stralciati progetti per 1,3 miliardi di euro


Dal Sole24Ore…

Una «revisione in pejus», che ha stralciato progetti per il sociale da 1,3 miliardi. Il j’accuse arriva dal rapporto presentato ieri alla Camera da Forum Terzo settore e Openpolis, che ha quantificato gli effetti della rimodulazione del Piano sulle 54 misure e sottomisure che interessavano il Terzo settore nella prima versione. Diciotto filoni sono stati modificati: due misure sono state eliminate (la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie per 300 milioni di euro e la realizzazione di infrastrutture sociali di comunità nelle aree interne per 500 milioni); l’obiettivo del superamento degli insediamenti abusivi in agricoltura per combattere il caporalato è stato commissariato; altri nove interventi sono stati rivisti al ribasso; ulteriori quattro sono stati invece rafforzati.

L’accetta, in termini di risorse, si è abbattuta soprattutto sui Piani urbani integrati per il miglioramento delle periferie (-1,6 miliardi), sulla rigenerazione urbana per contrastare emarginazione e degrado sociale (-1,3 miliardi), sugli investimenti per asili nido e scuole dell’infanzia (-1,4 miliardi). Tra gli interventi rimpolpati ci sono, invece, le politiche attive del lavoro (oltre un miliardo in più), la telemedicina (+500 milioni), lo sviluppo e la resilienza delle imprese turistiche (+305 milioni) e l’assistenza domiciliare (+250 milioni).

Pronta la replica della Struttura di missione Pnrr guidata da Antonio Palmisano: con il decreto Pnrr quater è stata prevista «la copertura finanziaria di tutti gli interventi risultati incompatibili con i vincoli del Piano», comprese le misure per i beni confiscati, gli asili e la riqualificazione delle periferie. E proprio le risorse Pnrr liberate con la rimodulazione – sottolinea Palazzo Chigi – «sono state impiegate per implementare la dotazione di altri importanti investimenti in campo sociale e sociosanitario, come le politiche attive sul lavoro, la telemedicina e l’assistenza domiciliare».  Un irrobustimento che il rapporto non nega, ricordando come nel Pnrr restino per il sociale oltre 35mila progetti per circa 30 miliardi (non tutti targati Next Generation Eu). Ma il rimpianto che si coglie tra le righe è quello di dover dire addio, per molti progetti, alle certezze, in termini di metodo e di velocità, che il metodo Pnrr, con il suo cronoprogramma serrato, assicura rispetto alle altre fonti di finanziamento. 

Forum Terzo settore e Openpolis segnalano inoltre, come lo scorso anno, «rilevanti problemi di trasparenza» sullo stato di attuazione del Piano, nonostante «alcuni passi compiuti dal governo Meloni». E secondo il rapporto non c’è chiarezza sul rifinanziamento dei progetti stralciati. 

Quanto alla distribuzione territoriale delle risorse per il Terzo settore, alla Lombardia – in linea con l’intera spesa Pnrr (si veda Il Sole 24 Ore del 13 agosto) – va la cifra più consistente: circa 3 miliardi, il 12,5% del totale. A seguire la Campania, con 2,8 miliardi (11,6%) e la Sicilia con 2,3 miliardi (9,6%). 

La clausola del 40% di fondi al Sud è in questo caso superata: l’asticella sale al 43,7%, frutto però di una grande disomogeneità dei dati, con i fondi per migliorare i servizi pubblici digitali fermi nel Mezzogiorno al 34,3% e quelli per il sostegno alle persone vulnerabili al 36,5 per cento. L’andamento della spesa Pnrr per il sociale è, in ogni caso, sorvegliato speciale: nell’avanzamento al 30 giugno scorso la Missione 5 dedicata a inclusione e coesione risultava ultima in classifica per spesa su interventi attivati, con un rapporto fermo al 10%, contro il 49% della Missione 1 (digitalizzazione) e il 33% della Missione 2 (rivoluzione verde). Ora bisogna correre.

Previous Bilanci: nel report sulla sostenibilità si deve puntare sulla doppia materialità
Next Nei bilanci in forma abbreviata e per quelli delle micro imprese, 'soglie' allineate ai livelli dell'inflazione