Imprese italiane sempre fragili, l’incubo del default non si allontana. Gli scenario prospettati dall’analisi della Cerved Rating Agency


Da ItaliaOggi. Le imprese non finanziarie italiane non sono ancora fuori dall’area di rischio e restano fragili: la probabilità di default, infatti, fa segnare un crescendo. A dicembre 2023 è salita al 6,22% contro il 5,68% di un anno prima, e ben al di sopra dei livelli pre-Covid (a fine 2019 era al 4,45%). E per il 2024 cosa c’è da aspettarsi? Gli scenari possono essere diversi: in quello più favorevole la probabilità delle imprese di inadempienza potrà scendere al 6,13%, ossia comunque al di sopra delle percentuali precedenti alla pandemia; in uno scenario intermedio si stima un aumento al 6,39%; in uno scenario grave la probabilità di default potrà toccare il picco del 6,82%.

Sono i profili di rischio delineati nel Credit outlook 2024 di Cerved Rating Agency, agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito di credito di imprese non finanziarie italiane e delle emissioni di titoli di debito.

Le influenze negative sul rischio di credito

«Il trend negativo riscontrato a partire dal periodo pandemico non è ancora stato riassorbito e gli stress macroeconomici sequenziali, causati da tensioni geopolitiche, inasprimento delle condizioni di finanziamento e dinamiche inflattive continuano a influenzare il rischio di credito delle imprese italiane», spiega Fabrizio Negri, Ceo di Cerved Rating Agency. «In particolare, in rialzo dei tassi iniziato nell’estate 2022 ha contribuito al peggioramento della PD (rischio percepito, ndr) e prevediamo che la permanenza prolungata su livelli elevati possa ancora pesare sul merito creditizio. Questo elemento, congiuntamente agli altri fattori, continua a influenzare il rischio di credito delle imprese italiane, che vediamo però in lieve flessione nello scenario più positivo atteso a fine 2024».

Segno tangibile della minore solidità delle imprese è nel rapporto tra i soggetti con un rating positivo e quelli con rating negativo: nel campione di oltre 15.000 società di capitali, si è passata dal 56,7% di dicembre 2019 al 40,8% di dicembre 2023, invertendo quindi le proporzioni, per quanto riguarda il cosiddetto Investment grade, ossia le valutazioni superiori.

«Il 2024 è iniziato con molte questioni irrisolte che pesano ancora sul profilo di rischio di credito delle imprese italiane», precisa il Ceo Negri, «L’incerto contesto geopolitico, il calo della fiducia delle imprese a causa della debolezza della domanda, gli alti tassi d’interesse e l’inflazione influenzano l’attività economica determinando un aumento della rischiosità».

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CRISI ECONOMICA
Imprese sempre meno solide

Le imprese non finanziarie italiane non sono ancora fuori dall’area di rischio e restano fragili: la probabilità di default, infatti, fa segnare un crescendo. A dicembre 2023 è salita al 6,22% contro il 5,68% di un anno prima, e ben al di sopra dei livelli pre-Covid (a fine 2019 era al 4,45%). E per il 2024 cosa c’è da aspettarsi? Gli scenari possono essere diversi: in quello più favorevole la probabilità delle imprese di inadempienza potrà scendere al 6,13%, ossia comunque al di sopra delle percentuali precedenti alla pandemia; in uno scenario intermedio si stima un aumento al 6,39%; in uno scenario grave la probabilità di default potrà toccare il picco del 6,82%.

Sono i profili di rischio delineati nel Credit outlook 2024 di Cerved Rating Agency, agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito di credito di imprese non finanziarie italiane e delle emissioni di titoli di debito.

Le influenze negative sul rischio di credito

«Il trend negativo riscontrato a partire dal periodo pandemico non è ancora stato riassorbito e gli stress macroeconomici sequenziali, causati da tensioni geopolitiche, inasprimento delle condizioni di finanziamento e dinamiche inflattive continuano a influenzare il rischio di credito delle imprese italiane», spiega Fabrizio Negri, Ceo di Cerved Rating Agency. «In particolare, in rialzo dei tassi iniziato nell’estate 2022 ha contribuito al peggioramento della PD (rischio percepito, ndr) e prevediamo che la permanenza prolungata su livelli elevati possa ancora pesare sul merito creditizio. Questo elemento, congiuntamente agli altri fattori, continua a influenzare il rischio di credito delle imprese italiane, che vediamo però in lieve flessione nello scenario più positivo atteso a fine 2024».

In aumento le imprese fragili

Segno tangibile della minore solidità delle imprese è nel rapporto tra i soggetti con un rating positivo e quelli con rating negativo: nel campione di oltre 15.000 società di capitali, si è passata dal 56,7% di dicembre 2019 al 40,8% di dicembre 2023, invertendo quindi le proporzioni, per quanto riguarda il cosiddetto Investment grade, ossia le valutazioni superiori.

«Il 2024 è iniziato con molte questioni irrisolte che pesano ancora sul profilo di rischio di credito delle imprese italiane», precisa il Ceo Negri, «L’incerto contesto geopolitico, il calo della fiducia delle imprese a causa della debolezza della domanda, gli alti tassi d’interesse e l’inflazione influenzano l’attività economica determinando un aumento della rischiosità».

I tre diversi scenari 

La stima contenuta nel Credit Outlook prevede tre ipotesi:

  1. Scenario di base. Una probabilità di default, a dicembre 2024 in lieve miglioramento al 6,13%, rispetto al 2023 (6,22%). In tal caso rimarrebbero le tensioni geopolitiche ma con effetti limitati. L’attività economica potrà consolidarsi nella seconda metà dell’anno, supportata dalla diminuzione dell’inflazione, dalla riduzione dei tassi d’interesse e dalla solidità del mercato del lavoro.
  2. Scenario intermedio. Probabilità di default in salita al 6,39%. In tal caso, gli esperti di Cerved Rating Agency assegnano una bassa probabilità che ciò si realizzi, ma se così fosse assisteremmo al generale peggioramento delle condizioni economiche e della situazione geopolitica e a un rinvio della riduzione dei tassi da parte della Bce e a ritardi nell’attuazione del Pnrr.
  3. Scenario grave. Si toccherebbe il picco della probabilità di default al 6,82%, con un forte deterioramento della qualità del credito e una sensibile migrazione delle imprese valutate verso le classi di rating peggiorative. Le condizioni negative dello scenario intermedio si aggraverebbero per l’estensione di conflitti in nuove aree geografiche, il verificarsi di stagflazione sia negli Stati Uniti sia in Ue, per i tassi di interesse più elevati e per la sospensione dei piani del Pnrr.
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