Su ItaliaOggi del Lunedì un interessante articolo di approfondimento del direttore Marino Longoni sulle pensioni dei professionisti italiani che hanno un problema : sono troppo basse. Detto in termini più tecnici: il tasso di sostituzione, cioè il rapporto tra l’ultimo reddito dichiarato e l’assegno pensionistico, è mediamente inferiore al 50%, e spesso scende fino al 40%. Le casse di previdenza sono ben consapevoli del problema e non da oggi, tanto che in vari modi hanno già messo in atto strumenti per migliorare il rendimento dei versamenti contributivi ed innalzare quindi le rendite che saranno percepite dai professionisti. Il panorama delle soluzioni messe in atto è interessante e variegato e su questo numero di ItaliaOggi7, a pag. 43, ne offriamo un’ampia carrellata. Dopo l’assistenza, il welfare, gli aiuti allo svolgimento della professione, sempre gli enti si stanno infatti rendendo conto dell’importanza di fornire strumenti per accrescere l’assegno pensionistico. Le leve a disposizione non sono numerose ma molte casse stanno usando in modo intelligente tutte quelle disponibili, tra cui quella di versare il contributo integrativo, o almeno una parte di esso, sui montanti, per aumentare gli assegni futuri.
Si possono registrare esempi particolarmente virtuosi, come il lavoro fatto dai periti industriali, che sono riusciti a riversare somme consistenti sui montanti con un’aliquota del 18% e si sono dati addirittura l’obiettivo di arrivare al tasso di sostituzione del 70%.
Anche se lo strumento più efficace, usato da alcune casse, tra cui quelle dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei biologi, è l’invito agli iscritti a versare più dell’aliquota obbligatoria. Questo produce infatti delle premialità. In parole povere, più si versa più si troverà un montante rivalutato, ed in misura più che proporzionale. Questo sistema è, ovviamente, tanto più importante quanto più il professionista interessato ha un reddito elevato. Ma l’obiettivo di tutte gli enti è quello di cercare di non lasciare nessuno indietro. Anche chi produce i redditi più bassi. Alcune casse, come Inarcassa, hanno infatti previsto facilitazioni fin dall’inizio della carriera, quando in genere si guadagna molto poco: si paga una contribuzione ridotta e Inarcassa aggiunge un contributo figurativo. Si tratta in sostanza di individuare opportuni correttivi al sistema contributivo che è ormai stato implementato in quasi tutte le casse, il quale, semplicemente, prevede che si riceva come assegno pensionistico una quota proporzionale a quello che si è versato.
Il ricambio generazionale resta un problema
Resta però un problema di fondo: lo scarso ricambio generazionale, senza il quale è difficile far stare in piedi nel lungo termine qualsiasi sistema. Molte professioni sembrano infatti aver esaurito il loro slancio, e vedono un numero sempre minore di giovani iscritti. Questo, nel tempo, produce un aumento dei pensionati rispetto ai professionisti ancora in attività con tutti i problemi di sostenibilità correlati. Non è un caso che, anche per far fronte a queste problematiche, si stia cercando di favorire, o almeno non ostacolare, la possibilità per i pensionati di continuare a svolgere qualche forma di attività lavorativa. E questo, grazie anche all’aumento della vita media e forse anche alla necessità di lavorare a causa di pensioni troppo basse, ha portato ad una continua crescita dei pensionati ancora attivi, che ormai sono quasi uno ogni quattro pensionati totali: 110 mila lavoratori pensionati su un totale di 475 mila pensionati. Anche questo un segno dei tempi.