Sul Sole24Ore un interessante articolo di approfondimento di Lorenzo Stanghellini sulla continuità aziendale.
Quando una società si avvicina alla crisi, i processi di governance diventano fondamentali. L’insolvenza in sé non è una colpa, ma lo diviene se non è impedita quando è possibile. E in caso di liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento) e di concordato preventivo le possibili responsabilità degli organi sociali nella fase che precede la procedura sono sempre oggetto di analisi. Cosa devono fare, dunque, gli amministratori di una società che rischia l’insolvenza? E, in caso di inerzia, cosa devono fare i sindaci? Il problema è noto da sempre, ma le soluzioni e le prassi devono oggi essere rimeditate alla luce delle nuove regole societarie introdotte dal Codice della crisi.
Grandi poteri,
grandi responsabilità
La società è “proprietà” esclusiva dei soci, ma solo fino a che paga regolarmente i creditori. Quando vi è un rischio di perdita di continuità aziendale, gli amministratori devono preoccuparsi di proteggere anche i creditori e gli altri stakeholders che in caso di insolvenza potrebbero subire perdite. Il ruolo degli amministratori quali garanti della continuità aziendale è sempre esistito, ma oggi, ai sensi degli articoli 120-bis e seguenti del Codice della crisi, è “armato” di strumenti molto incisivi, che li rendono responsabili delle conseguenze qualora essi decidessero di non usarli.
Il nuovo Codice ha dato agli amministratori il potere esclusivo di decidere di avvalersi degli strumenti di soluzione della crisi (accordo di ristrutturazione, piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, concordato preventivo), anche a prescindere dalla volontà dei soci, che godono della responsabilità limitata e spesso non hanno più nulla da perdere. Il piano per la soluzione della crisi può prevedere anche interventi sul capitale, fusioni e altre operazioni straordinarie, e – seppure soltanto in caso di concordato preventivo – può essere omologato anche senza l’accordo dei soci.
In sostanza, finché la società è in condizioni normali, gli amministratori hanno solo la leva del capitale di debito, mentre il capitale di rischio richiede la deliberazione dei soci. Nel momento in cui si presenta il pericolo di un pregiudizio per i creditori che può essere evitato (o limitato) mediante l’immissione di capitale, il “blocco” dei soci sul capitale di rischio viene meno e gli amministratori vengono investiti anche del potere/dovere di incidere sullo statuto e sugli assetti proprietari dell’impresa.
Una griglia decisionale chiara
Il potere esclusivo attribuito agli amministratori risponde a esigenze di celerità decisionale e di tempestività da tempo avvertite nella prassi. Pertanto, qualora gli amministratori ravvisino un pericolo per la continuità aziendale che – sulla base di una documentata analisi economico-finanziaria – possa essere evitato o mitigato mediante l’immissione di equity, essi hanno i seguenti obblighi:
1 chiedere formalmente ai soci se intendano finanziare la società, anche, se necessario, mediante la formale convocazione di un’assemblea alla quale gli amministratori propongano di deliberare un aumento del capitale nella misura necessaria al risanamento;
2 in mancanza di disponibilità dei soci a finanziare, chiedere loro di consentire l’ingresso di nuovi investitori, deliberando un aumento di capitale da offrire in sottoscrizione a terzi disposti a entrare nel capitale: un conto infatti è non sottoscrivere l’aumento (scelta sempre legittima), un altro è non deliberarlo, impedendo così che la società riceva investimenti dall’esterno, cosa che, almeno nella Srl, potrebbe esporre gli stessi soci a responsabilità risarcitoria;
3 in difetto, agire in piena autonomia rispetto ai soci, con gli strumenti del Codice a tutela della continuità aziendale e cercando, se necessario, nuovi investitori. Da questo momento i soci non possono più revocare gli amministratori, salvo che vi sia una giusta causa. La scelta di quale strumento in concreto adottare dipenderà da complesse valutazioni, da svolgersi secondo metodologie – queste sì – ben note nella prassi aziendale…