Enti locali: il pericoloso incrocio tra le nuove regole sulle aliquote ed i bilanci di previsione


Da Norme & Tributi del Sole24Ore una lucida analisi di Stefano Baldoni su alcuni provvedimenti che attengono l’attività negli uffici tributari degli enti locali.

La scorsa estate, a ridosso delle ferie agostane, è stata emanata una serie di provvedimenti che stanno creando più di qualche e difficoltà negli uffici finanziari e tributari dei Comuni.

Dopo oltre tre anni di attesa, il 25 luglio scorso, fa la sua comparsa sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del ministero dell’Economia e delle finanze che individua le fattispecie di aliquote diversificate per l’Imu che i Comuni possono adottare. Danno così attuazione alla previsione dei commi 756 e 757 della legge 160/2019 e rendendo operativo il meccanismo che subordina la validità delle deliberazioni comunali alla presenza al loro interno di un apposito prospetto, da redigere utilizzando lo specifico applicativo presente nel «portale del federalismo fiscale». Applicativo utilizzabile dallo scorso 21 settembre, ma solo in versione “test”, in quanto la possibilità di generare il prospetto delle aliquote per l’anno 2024 diviene operativa solo a partire dal mese di novembre. Da qui la prima difficoltà. Molti enti, testando il nuovo prospetto, hanno incontrato numerosi problemi nel cercare di “calare” la propria struttura delle aliquote Imu all’interno dell’applicativo, scegliendo tra i numerosi menù a tendina presenti nello stesso. Verifiche che hanno portato a numerose segnalazioni di fattispecie di aliquote che, in base al nuovo decreto, non sarebbero più applicabili, ma che in realtà sarebbero meritevoli di conservazione. Ulteriormente, la mancata attivazione della possibilità di elaborare il prospetto per l’anno 2024 non ha consentito agli enti di inserire il medesimo nella delibera Imu che, in base alle vigenti norme del testo unico degli enti locali, deve invece accompagnare lo schema di bilancio di previsione da predisporre entro il 15 novembre. A tale impedimento, che ha spinto gli enti ad adottare le soluzioni più disparate, dall’allegazione del prospetto elaborato dall’applicativo informatico per l’anno 2023 a uno schema di deliberazione da integrare prima dell’approvazione consiliare (che comunque deve avvenire entro il 31 dicembre), si è aggiunta la notizia dell’approvazione di un emendamento alla conversione del Dl 132/2023 che rinvia l’obbligatorietà del modello al 2025. In questo modo l’Impasse è divenuta totale; nelle more della conversione in legge, tenuto conto che i bilanci devono essere licenziati dalla giunta a metà novembre, è più opportuno predisporre una proposta di deliberazione con il prospetto (fantasma), a legislazione vigente, ovvero tenere già conto del probabile rinvio dell’obbligo? E mentre si cerca di dipanare il rebus, il termine per approvare lo schema di bilancio in giunta è scaduto. In questo contesto, infatti, si sono innestati gli effetti di un altro provvedimento “estivo”, il Dm 25 luglio 2023, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4 agosto, il quale ha definito, sin dal bilancio 2024-2026, compiti, responsabilità e soprattutto termini del processo di formazione del bilancio di previsione. Decreto che ha previsto un percorso con tempistiche molto stringenti, che decorrono già dallo scorso mese di agosto, allorquando il responsabile del servizio finanziario avrebbe dovuto attivarsi per predisporre il bilancio tecnico in tempo utile per la sua consegna alla giunta ed ai responsabili dei servizi entro il 15 settembre, sulla base degli indirizzi preventivamente definiti dalla giunta stessa. Percorso che si deve concludere con l’approvazione dello schema di bilancio da parte della giunta, con tutti gli allegati (eccetto il parere dell’organo di revisione) entro il 15 novembre. Anche quest’ultimo decreto ha messo in difficoltà gli enti. Non tanto (almeno non solo) per le tempistiche molto anticipate (almeno per i tanti enti che negli anni si sono avvalsi delle ordinarie proroghe del termine di approvazione del bilancio) e per la sua applicazione “immediata” già a decorrere dal 2024, ma quanto perché, proprio quando gli uffici avevano già dovuto predisporre la versione “finale” del bilancio da sottoporre alla valutazione della giunta comunale, a legislazione vigente (entro il 20 ottobre), il Governo ha consegnato alle Camere lo schema della legge di bilancio che contiene almeno due pesanti effetti finanziari negativi per gli enti locali. Un “taglio” di 250 mln di euro a regime dal 2024 (200 milioni per i Comuni e 50 milioni per le Province) e lo stanziamento di importanti somme per i rinnovi contrattuali dei dipendenti statali che, a cascata, comportano un incremento gravante sui bilanci degli enti locali pari al 5,7% del monte salari 2021 (oltre oneri riflessi). Con l’occasione è stato anche “riesumato” il taglio da 150 milioni di euro gravanti su Comuni (100 milioni) e Province e Città metropolitane (50 milioni), previsto dalla legge di bilancio 2021 (comma 850, Legge 178/2020), che doveva operare già dal 2023 fino al 2025. Del quale fino a oggi non si avevano avuto più notizie. Taglio che viene “graziato”, ma solo per l’anno 2023, dal recente emendamento approvato in sede di conversione del Dl 132/2023, ma confermato per il biennio 2024-2025. Insomma, un “conto” per il 2024 di 400 milioni di euro complessivi, da ripartire in base agli impegni di spesa, esclusa la missione 12 “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia’”.

Con buona pace di tutti i bilanci già definiti, la cui quadratura è stata sovente molto complessa per l’elevato importo dei costi energetici, non tornati ai livelli del 2021 e non coperti, almeno fino a ora, da nessuna contribuzione statale, come è avvenuto invece nel biennio 2022-2023 e in generale per la dinamica inflazionistica, che gonfia sempre di più la spesa per beni e servizi. A cui si associano fenomeni di stretta attualità socio-economica, quali la gestione dei minori non accompagnati.

In questo complesso quadro non entrano, almeno per ora, le problematiche della Tari, alla luce delle nuove regole dettate dall’Arera per il calcolo dei Pef e che hanno introdotto le nuove componenti perequative, delle quale comunque occorre cominciare ad occuparsi, in vista della scadenza del 30 aprile 2024 (con vista al mese di luglio, secondo lo schema di Dlgs attuativo della delega fiscale).

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