Da Norme & Tributi del Sole24Ore.
Un’ambiziosa riforma della contabilità locale ha imposto in queste settimane ai tecnici dei quasi 8mila Comuni italiani di costruire il bilancio preventivo del 2024, che le giunte potranno integrare e modificare per approvarlo entro la metà di novembre. Ma in 576 enti non si sono chiusi i lavori di un altro preventivo, quello di quest’anno: buchi che si aprono soprattutto al Sud, in particolare in Sicilia, e sollevano incognite forti sui mezzi necessari per accompagnare tutto il sistema verso le nuove regole.
Il dato, rilevato dalla Banca dati delle amministrazioni pubbliche a cui tutti i bilanci vanno inviati, è piuttosto eclatante. E non solo perché, nonostante il meteo non lo suggerisca, il calendario indica in modo incontrovertibile che siamo in autunno inoltrato e che quindi l’anno sta per finire. Il punto chiave è dato dall’esplosione del fenomeno dei Comuni senza bilancio: l’anno scorso erano 102, il doppio esatto dei 51 del 2021 che a loro volta duplicavano i 25 del 2020. Il dato definitivo di quest’anno si conoscerà la prossima settimana, perché di rinvio in rinvio i Comuni hanno visto slittare la scadenza dei preventivi al 15 settembre, dopo di che c’è un mese di tempo per trasmettere i documenti alla Banca dati del Mef.
Ma i numeri sono chiari nell’indicare che la crescita, oltre che costante, è rapida. E si intensifica proprio mentre le riforme della contabilità vorrebbero spingere in direzione opposta. La nuova procedura di bilancio appena portata in Gazzetta Ufficiale punta a blindare i termini del bilancio per renderlo davvero «preventivo» rispetto all’anno a cui si riferisce. Mentre ora il Pnrr chiede di introdurre anche in tutte le amministrazioni locali la contabilità economico patrimoniale secondo il principio Accrual, al centro del confronto fra gli esperti e il ministero dell’Economia all’ultimo convegno nazionale dell’Ancrel, l’associazione dei revisori contabili degli enti locali. L’intenzione è quella di dotare le Pa di conti in grado di misurare puntualmente le dinamiche anche patrimoniali dell’amministrazione. Il salto rispetto alla contabilità finanziaria è netto. E parecchio impegnativo per una macchina amministrativa non esattamente perfetta.
Non ovunque, quantomeno. Perché molto precisa è anche la geografia del problema, che si concentra a Sud: in Sicilia i conti di quest’anno latitano ancora in 178 Comuni, il 45,5% del totale, in Calabria la stessa situazione riguarda 93 enti, il 23% dei municipi calabresi e in Campania 12 Comuni su 100 (67 in tutto) sono senza bilancio. Anche in Piemonte 53 enti mancano all’appello, ma rappresentano il 4,5% delle amministrazioni di una regione che conta un migliaio di Comuni piccoli e piccolissimi, così come la Lombardia dove i 36 ancora assenti sono il 2,4% dei Comuni del territorio. In Veneto all’appello mancano 4 Comuni, 3 in Emilia-Romagna e 2 in Friuli Venezia Giulia.
La questione è politica ed economica prima che contabile. Perché il preventivo è l’equivalente comunale della manovra nazionale, quindi rappresenta l’atto politico cruciale in cui si decide quanto chiedere ai cittadini con tributi e tariffe e come spendere quelle risorse. Quando il bilancio non è approvato, il Comune viaggia “in dodicesimi”, una gestione provvisoria in cui può spendere ogni mese un dodicesimo degli stanziamenti dell’anno per far camminare almeno i pagamenti obbligatori.
Nella rigida gabbia dei dodicesimi, insomma, non c’è spazio per la programmazione, per il rilancio degli investimenti e fino alle ultime modifiche normative, completate la scorsa settimana con la legge di conversione del «decreto Asset», non c’era campo libero nemmeno per le nuove assunzioni.
Con questi presupposti, è facile capire il cortocircuito fra un Pnrr che punta soprattutto a Sud e la massa degli enti meridionali talmente in affanno da non riuscire a chiudere entro la fine dell’estate i bilanci preventivi dell’anno in corso. Più complesso è dettagliare le cause del problema, in un intreccio articolato che mescola carenze croniche di risorse, accentuate dai buchi della riscossione che proprio al Sud sono concentrati, deficit amministrativi, disorganizzazione e, in Sicilia, contrasti costanti con la Regione (qualsiasi sia il colore politico della giunta) che in virtù dello Statuto speciale ha un ruolo chiave nell’impianto della finanza locale.