Sul Sole24Ore.
Devono essere in regola con gli obblighi di formazione professionale continua e con quelli contributivi e previdenziali i professionisti che vogliono iscriversi all’albo dei consulenti tecnici d’ufficio. È una delle novità introdotte dal decreto 109 del 4 agosto 2023 con cui il ministero della Giustizia, attuando una delle disposizioni della riforma della giustizia civile (decreto legislativo 149/2022), ha riscritto i requisiti e le modalità di gestione degli albi – che saranno tenuti in modalità informatica presso i tribunali – da cui attingono i magistrati quando hanno bisogno di una consulenza tecnica.
Il regolamento, in vigore dal 26 agosto scorso, ha ampliato le categorie dell’albo (89) e i settori di specializzazione per ogni categoria (in tutto, 978 specializzazioni). E si è appena aperta la prima finestra per l’iscrizione con i nuovi criteri. Il regolamento prevede infatti due periodi l’anno per presentare le domande: tra il 1° marzo e il 30 aprile e tra il 1° settembre e il 31 ottobre.
Nell’albo per ogni consulente sono indicati la categoria e il settore di specializzazione, il titolo di studio, l’ente a cui è iscritto, la data d’inizio dell’attività professionale, il numero degli incarichi conferiti e di quelli revocati. Inoltre, nell’albo sono precisati il possesso di competenze nell’ambito della conciliazione e di adeguata formazione sul processo e sull’attività del consulente.
Il decreto cambia i requisiti per iscriversi all’albo. In particolare occorre: essere iscritti nei rispettivi ordini o collegi, ruoli o associazioni; essere di condotta morale specchiata; avere la residenza o il domicilio professionale nel circondario del tribunale. È inoltre necessario:
essere in regola con gli obblighi di formazione professionale continua previsti dalla categoria;
possedere «speciale competenza tecnica» nelle materie della categoria di interesse.
Per soddisfare il requisito della «speciale competenza tecnica» occorre avere esercitato l’attività professionale per almeno cinque anni in modo effettivo e continuativo «con specifico riferimento alla categoria e all’eventuale settore di specializzazione». Altrimenti, devono ricorrere almeno due di queste tre circostanze: il possesso di certificazione UNI relativa all’attività professionale svolta; il possesso di un significativo curriculum scientifico; il possesso di titoli di specializzazione, accompagnato dall’iscrizione all’ente di riferimento da almeno cinque anni.
Quanto alla domanda di iscrizione all’albo, tra i punti da indicare, a pena di inammissibilità, figurano la categoria e il settore di specializzazione, le generalità e la Pec, la formazione scolastica e i titoli di studio, il curriculum scientifico, l’ente a cui si è iscritti, le dichiarazioni sulla posizione penale e l’attività professionale degli ultimi cinque anni. Spiccano però le indicazioni relative a:
gli eventuali corsi formativi per acquisire competenze nell’ambito della conciliazione, sul processo e sull’attività del Ctu;
la dichiarazione di non aver riportato negli ultimi cinque anni sanzioni disciplinari più gravi di quella minima del proprio ordinamento;
la dichiarazione di essere in regola con gli obblighi di formazione professionale continua (vanno indicati anche i crediti ottenuti) e con gli obblighi contributivi e previdenziali.
Le domande vengono esaminate da un comitato (presieduto dal presidente del tribunale) che si riunisce almeno due volte l’anno e provvede entro 180 giorni dal ricevimento della domanda.
L’albo è permanente ma ogni due anni il comitato deve procedere alla sua revisione. Per mantenere l’iscrizione, sono necessari l’esercizio continuativo dell’attività professionale e il rispetto degli obblighi formativi. I consulenti saranno chiamati, entro il termine stabilito dal comitato, a formulare domanda di conferma, confermando, aggiornando o integrando le dichiarazioni già rese con la domanda di iscrizione; non presentare la domanda di conferma vale come manifestazione della volontà di cancellazione, ma è sempre possibile produrre una nuova domanda di iscrizione.
Nell’ottica di rendere effettiva la disponibilità degli iscritti agli incarichi, debutta la possibilità per i professionisti di chiedere la sospensione dall’albo per un periodo fino a nove mesi e non oltre i 18 mesi nell’arco di quattro anni. Si può anche chiedere la cancellazione dall’albo o da una categoria o settori di specializzazione.
Chi è già iscritto all’albo dei Ctu all’entrata in vigore del decreto mantiene l’iscrizione e può chiedere di essere inserito in uno o più settori di specializzazione, presentando domanda con, tra l’altro, le dichiarazioni di regolarità su formazione e contributi.
L’accento posto sulle competenze in materia di conciliazione, processo e attività del Ctu segnano una svolta importante delle norme, che hanno recepito le indicazioni delle professioni. Gli obblighi in materia di formazione e di pagamento dei contributi previdenziali rientrano invece in una moralità appropriata per chi svolge incarichi pubblicistici. Ora la palla passa alle categorie professionali, chiamate a offrire ai propri iscritti percorsi formativi idonei e di qualità, eventualmente anche introducendo il regime dell’obbligatorietà per le materie più qualificanti.
Restano invece da aggiornare le tariffe, da tempo gravemente inadeguate.