Terzo settore: anche gli enti religiosi accedono al Runts se presentano finalità sociali


Dal Sole24Ore.

La nota 4581 del ministero del Lavoro fornisce chiarimenti anche sul fronte dell’oggetto sociale. La materia del Terzo settore non è di per sé avulsa da aspetti di interesse religioso. Seppure il culto non rientra tra le attività d’interesse generale degli Ets, resta possibile per questi operare nel rispetto di un sistema valoriale religioso, sempreché nel perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e nell’ambito di attività riconducibili ai settori di cui all’articolo 5 del Cts.

Ciò anche nel presupposto che il legislatore, pur avendo una visione laica delle formazioni sociali qualificabili come Ets, è del tutto estraneo ad una propensione anti-religiosa. Prova ne è che tra i settori di interesse generale il Cts ricomprende anche l’organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse religioso (articolo 5, comma 1, lettera k) Cts). Oltreché la circostanza che né gli enti religiosi né quelli da essi controllati sono di per sé esclusi dal novero del Terzo settore, a differenza di altre tipologie di enti (esempio pubbliche amministrazioni), ferme le peculiarità e le cautele richieste nell’accesso. Vale a dire la possibilità per gli enti religiosi di iscriversi nel Runts non direttamente, ma tramite l’istituzione di un ramo Ets/impresa sociale.

Si pensi, ad esempio, alla parrocchia che oltre alle attività di religione e culto in senso stretto è titolare anche di una scuola paritaria. In quest’ipotesi, è evidente che le attività formative e didattiche avvengano nell’ambito di un sistema valoriale religioso. Si tratta in ogni caso di attività ammesse nel Terzo settore nella misura in cui siano riconducibili ad uno dei settori d’interesse generale di cui all’articolo 5 del Cts e siano svolte dall’istituto mediante il proprio ramo Ets/impresa sociale o veicolo giuridico collegato.

Ultimo aspetto esaminato è quello relativo agli amministratori. Secondo il ministero, è in linea con l’autonomia statutaria degli Ets la possibilità di richiedere quale requisito per la nomina che la carica sia attribuita a coloro che sono in possesso di specifici profili valoriali, purché non discriminatori e coerenti con la natura e l’identità dell’ente. Una precisazione del tutto condivisibile e che trova conforto nella facoltà prevista dal legislatore (articolo 26, comma 3 Cts). È lo stesso Codice che consente, infatti, agli enti di subordinare l’assunzione della carica al possesso di specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, anche con riferimento a quelli previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di rappresentanza o reti associative cui gli enti aderiscono. Restano in ogni caso ferme le altre previsioni richieste dal Cts. Vale a dire che la nomina della maggioranza degli amministratori sia riservata all’assemblea nell’ambito delle persone fisiche associate ovvero indicate dagli enti giuridici associati.

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