Unione Europea, richiamo all’Italia: il PNRR è in ritardo, a rischio la rata di fine anno


Su ItaliaOggi la reprimenda dell’Unione Europea sul Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia è in ritardo e la rata di fine anno è a rischio. “Il piano va attuato e le scadenze devono essere rispettate”, ha detto Bruxelles. Per questo il governo sta preparando una serie di interventi, forse un decreto prima di Natale. Il problema è che l’esecutivo teme di impiegare quest’anno meno di 20 miliardi (rispetto ai 30 immaginati dal Def) e poi molte gare stanno andando deserte per colpa dell’aumento dei prezzi. La manovra prevede un fondo per gli extra costi da 10 miliardi, ma si sta ragionando se riordinare i fondi della coesione. In piú, i ministri Giorgetti e Fitto stanno pensando a una serie di opere da stralciare dal Pnrr perchè irrealizzabili. Il ministro Carlo Nordio ha garantito al commissario europeo per la Giustizia che comunque “le riforme entreranno in vigore rispettando le scadenze”. Il Piano italiano vale 191,6 miliardi di euro e a fine anno la Commissione dovrebbe pagare un’altra tranche da 19 miliardi, ma andranno centrati tutti i 55 obiettivi (45 quelli giá realizzati nel primo semestre 2022). Le risorse stanziate sono pari a 10 miliardi: 500 milioni per il 2023, un miliardo per il 2024, 2 miliardi per il 2025, 3 per il 2026 e 3 miliardi e mezzo per il 2027. Il tema degli extra costi è uno degli ostacoli alla realizzazione del piano. Nei mesi scorsi sono andate deserte decine di gare a causa del caro prezzi. Un esempio è l’investimento fissato dal Pnrr per gli asili nido e le scuole per l’infanzia. Le risorse si attestano a 4,6 miliardi e giá 3,7 miliardi sono stati messi a bando fra gli enti territoriali. Ebbene, secondo uno studio dell’Ufficio parlamentare di bilancio, un numero consistente di Comuni non ha partecipato ai bandi. La strategia che il governo vuole portare avanti nei prossimi mesi è quella che prevede la correzione del Piano. La questione piú importante è quella della revisione, che andrá gestita di pari passo con l’Ue. Le opere da stralciare, sia per problemi di costi, sia per i ritardi autorizzativi che si sono accumulati, vanno sostituite con quelle veramente importanti, su cui punta il Paese. Prime fra tutte le infrastrutture energetiche. Anche le prioritá sulle grandi opere con il governo Meloni sono cambiate. Da questo punto di vista vuole giocare un ruolo da protagonista il Ponte sullo Stretto di Messina. Salvini ha annunciato di voler chiedere un cofinanziamento europeo.

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