Su ItaliaOggi un lungo articolo sulle ultime segnalazioni dell’agenzia delle Entrate. Chi non paga le imposte alle scadenza dovute dovrà fare i conti con possibili i rischi bancari e il peggioramento del rating, con la conseguenza che anche le classificazioni delle imprese ai fini della concessione del credito potrebbero subire peggioramenti. Le decisioni dipenderanno dall’approccio che ogni singola banca sceglierà di adottare, poiché già la normativa di settore impone specifiche valutazioni. Questo è l’effetto domino che potrebbero causare le segnalazioni che stanno arrivando da parte dell’Agenzia delle entrate (Ade) alle imprese che hanno mancato e che mancheranno versare tutta l’iva dovuta dal primo trimestre 2022, ai sensi dell’art. 30 sexies della legge 233/2021. Norma che ha destato non poche perplessità ed alzate di scudi (si veda ItaliaOggi del 2 luglio scorso) ed ha obbligato l’Ade a emanare il 1 luglio un comunicato stampa ad hoc. L’Ade, infatti, ha tenuto a precisare che le segnalazioni che sta inviando sono un obbligo di legge, e non una scelta autonoma, in quanto tale obbligo imposto dal’art. 30 sexies, recepito ora all’interno del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Ccii, dlgs 14/2019) con l’art. 25 novies, che entrerà in vigore il prossimo 15 luglio, a seguito delle ulteriori modifiche apportate al Ccii a cura del dlgs 83/2022 pubblicato in Gazzetta Ufficiale proprio il 1 luglio scorso. E ancora una volta l’Agenzia delle Entrate chiarisce che La composizione negoziata della crisi (Cnc) è su iniziativa del solo imprenditore, quindi su base volontaria. Tuttavia, gli organi controllo (sindaci e revisori) devono vigilare e eseguire inviti ad attivare la Cnc quando ne ricorrono i presupposti e ciò anche in relazione ai segnali di allarme e agli obblighi di nuovi assetti organizzativi previsti dall’art. 2086 c.c. e dall’art. 3 Ccii. L’art. 25 novies Ccii, di fatto, va a sostituire l’art. 15 del Ccii abrogato, così prevedendo che Ade, Inps, Inail e Agente della riscossione, provvedano a inviare delle segnalazioni all’impresa e agli organi di controllo quando i debiti non pagati superano una determinata soglia (si veda ItaliaOggi7 del 20 giugno). Soglia che per Ade, Inps e Inail appare veramente irrisoria. Il sistema cerca di invitare l’imprenditore a valutare tempestivamente la sua situazione, evitando però di innescare la denuncia presso gli Ocri, che sono stati soppressi dal dlgs 83/2021. L’effetto però non è come ci si aspettava o si sarebbe voluto.
Il paradosso. Innanzitutto, l’abrogato art. 15, co. 5, del Ccii, prevedeva che i creditori pubblici qualificati non potessero procedono alla segnalazione all’Ocri se il debitore documentava di essere titolare di crediti di imposta o di altri crediti verso pubbliche amministrazioni risultanti dalla piattaforma per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Mef, per un ammontare complessivo non inferiore alla metà del debito verso il creditore pubblico qualificato. Il nuovo art. 25 novies Ccii, così come l’art. 30 sexies l. 233/21, stabiliscono le soglie di 5 mila euro o di altra entità comunque irrisoria, e non tengono affatto conto dei crediti eventualmente vantati dalle imprese. E’ onere dell’impresa interessata valutare se la propria posizione è a rischio di crisi o meno. Il che significa, ad esempio, che se il credito verso l’amministrazione non può essere ragionevolmente incassato in tempi brevi o utili, il debito per imposte va comunque pagato, altrimenti si presenta uno squilibrio finanziario che fa emergere lo stato di crisi.
Il rapporto con le banche. Tale situazione si riverbera nei rapporti con gli istituti di credito. Rapporti già complessi e intricati dalla normativa bancaria che richiede sempre maggiore attenzione alla capacità di rimborso e affidabilità delle imprese. Prima del Ccii il sistema bancario era quasi disattento ai debiti tributari e contributivi delle imprese, poiché conscio che esistono vari strumenti deflattivi e di rateizzazione delle esposizioni erariali e contributive. Ora, invece, poiché la lettera di compliance del fisco arriva molto tempo prima che l’impresa riceva l’avviso bonario o la cartella di pagamento e possa quindi rateizzare il debito in venti rate trimestrali o in settantadue rate come prevede la normativa sulla riscossione, accade che anche le banche per erogare il credito dovranno chiedere maggiori informazioni sulla posizione fiscale e contributiva e forse monitorare se il cliente non abbia ricevuto l’invito alla Cnc.
Le conseguenze. Le banche, infatti, non vedono di buon occhio la Cnc, come invece fisco ed enti previdenziali sono portati a fare. Gli istituti di credito, in base all’art. 16 co. 5, Ccii sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato e l’accesso alla Cnc non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore. In ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta. Per non cadere nella “stretta” della Cnc molto probabilmente le banche tenderanno a limitare i rapporti con la clientela prima che questi accedano alla Cnc, dato che il 67% delle imprese che attiva la Cnc, peraltro, chiede pure le misure protettive con efficacia anche sulle banche se richiesta dal debitore.
L’interesse dei creditori pubblici. Il fisco, invece, ha tutto l’interesse che l’impresa in difficoltà attivi la Cnc, perché nella Cnc non è possibile transigere il debito capitale come prevede l’art. 182 ter legge fallimentare che verrà sostituto dall’art. 63 Ccii che permette, appunto, la transazione su crediti tributari e contributivi. L’art. 25 bis Ccii anche in caso di misure premiali permette esclusivamente di dilazionare l’imposta e di ridurre le sole sanzioni ed interessi. Mentre l’art. 25 undecies incentiva l’imprenditore in crisi che ha debiti non superiori a 30 mila euro a elaborare piani di rateizzazione automatici, anche se per il fisco e gli enti previdenziali ciò non vale, giacché il comma 2 della disposizione prevede che “sono fatte salve le disposizioni in materia di crediti di lavoro e di riscossione dei crediti fiscali e previdenziali”.