Sul Sole24Ore di oggi una lucida analisi di Giovanni Negri sul recente slittamento dell’entrata in vigore del Codice sulla crisi d’impresa. A oltre tre anni dalla sua approvazione, a inizio 2019, il provvedimento, infatti, è oggetto di un nuovo slittamento dell’entrata in vigore che, ora, e dopo plurimi rinvii determinati dagli effetti della pandemia sul sistema economico, è stata fissata secondo la bozza del Dl Pnrr al prossimo 15 luglio. Due mesi in più, quindi, visto che la precedente scadenza, da ultimo modificata l’estate scorsa, era stata fissata al 15 maggio.
La ragione? Soprattutto la necessità di permettere un debutto pressoché contemporaneo sia del Codice sia delle misure che hanno recepito nel nostro ordinamento la nuova direttiva sull’insolvenza. Il relativo decreto legislativo è infatti stato approvato da poche settimane dal Consiglio dei ministri ed è ora all’esame delle commissioni parlamentari.
Di fatto però questo continuo alternarsi di date e succedersi di provvedimenti in una materia tanto delicata rischia di produrre un grave effetto di incertezza che si scarica su tutti i profili interessati (imprenditori, professionisti, magistrati); disorientamento poi tanto più serio se solo si tiene conto della delicatezza della materia, già peraltro soggetta a tali e tanti cambiamenti in questi anni, tra interventi ambiziosamente strutturali e misure più emergenziali, da non avere certo bisogno di un surplus di indeterminatezza.
E comunque, provando a mettere un po’ d’ordine nel recente passato e nell’immediato futuro, va almeno ricordato che dallo scorso 25 agosto è in vigore una serie di misure che investe istituti chiave come l’accordo di ristrutturazione, il concordato preventivo, le forme di finanziamento finalizzate alla continuità aziendale, la convenzione di moratoria; dal 15 novembre poi è diventata formalmente operativa la composizione negoziata della crisi, preceduta da decreto del ministero della Giustizia con il quale è stata definita la cornice operativa che rende possibile, tra l’altro, all’imprenditore e ai suoi consulenti l’effettuazione di un test per autodiagnosticare le possibilità di risanamento dell’azienda.
Ora, la composizione negoziata della crisi va per molti versi a sostituire quelle procedure di allerta che, a inizio 2019, erano apparse tra gli elementi a più alto tasso innovativo del Codice della crisi. Tanto innovative che adesso sembrano di fatto abbandonate, con efficacia slittata al 31 dicembre 2023, in un orizzonte tanto sfumato da apparire ormai quasi indeterminato.
A breve poi si aprirà una nuova e assai delicata partita perchè la ministra della Giustizia Marta Cartabia, dopo avere costituito una commissione dedicata, ha annunciato che entro la fine del mese sarà pronto il relativo testo delle norme sul penale fallimentare. Una parte della legislazione sulla crisi d’impresa sinora accantonata per la sua estrema delicatezza, ma che ora è in via di riscrittura per renderla più aderente a misure che, sul fronte civilistico, puntano in larga parte alla salvaguardia del valore d’impresa.