Sul Sole24Ore un importante chiarimento riguardo alla norma del Dl 17/2022 in tema deduzioni relative alle svalutazioni crediti di banche e assicurazioni per evitare effetti sui bilanci 2021 che in molti casi sono già chiusi, ma addivenendo tuttavia a un’invarianza di gettito per le casse dello Stato. Vediamo in che modo.
La deducibilità dei crediti verso la clientela per i soggetti finanziari ha sempre visto meccanismi complessi. Infatti per la banche la deducibilità ai fini Ires è stabilita dall’articolo 106, comma 3, del Tuir, ai fini Irap invece dall’articolo 6 del Dlgs 446/1997. Per le compagnie assicurative le norme di riferimento sono per l’Ires l’articolo 16, comma 9, del Dlgs 173/1997 e per l’Irap l’articolo 7 del Dlgs 446/1997. A partire dal 2015 si è consentito a questi soggetti di dedurre integralmente, ai fini dei redditi e del tributo regionale, le svalutazioni e le perdite, secondo la logica per cui il comportamento di bilancio debba avere lo stesso riflesso fiscale, mentre in precedenza la deduzione avveniva in cinque anni. Chiaramente ciò solo per i crediti verso la clientela (ovvero gli assicurati per le compagnie). Senonché occorre considerare che le manovre finanziarie hanno spesso fatto leva su questi grandi contribuenti, rinviando la deducibilità delle perdite o anticipando gli acconti (ad esempio dell’imposta sulle assicurazioni). Anche la deducibilità del 2015, anno dell’inversione di tendenza, prevedeva che un 25% della misura fosse rinviato nel tempo, su vari anni. Per ciò che concerne, in particolare, la misura del 12% spettante per il periodo d’imposta 2021, l’articolo 42 del Dl 17/2022 lo aveva rinviato, per i soggetti solari, ai periodi d’imposta 2022, 2023, 2024 e 2025. Ciò avrebbe comportato per questi soggetti due tipi di inconvenienti:
lato fondi imposte di bilancio, nella sostanza già definiti, visto che molti fra questi soggetti approvano con estrema rapidità, il che avrebbe comportato dei delta fra il bilancio (con maggiori deduzioni poi non spettanti) e i versamenti (maggiorati per l’inasprimento attuato ex post);
lato Dta (deferred tax assets) in relazione alle modifiche di queste variazioni temporanee.
Venendo incontro alle esigenze di tali soggetti e garantendo un minimo di certezza tributaria si interviene nuovamente sulla norma in corso di approvazione. L’emendamento bollinato AC 3495 all ’ articolo 42 del Dl 17/2022 (si veda il Sole 24 Ore di ieri) prevede infatti il differimento di parte della quota del 12% a valere sul 2022, senza generare effetti retroattivi sui bilanci 2021. Con uno slittamento quindi dal 2021 al 2022. Ma così la coperta corta del gettito di fatto si scopre. E allora è previsto un comma 1-bis all’articolo 42 che va a modificare il comma 1056 della legge 145/2018, per cui la quota del 10% da rinviare ai fini Ires e Irap al 2026 viene anticipata al 31 dicembre 2022 per il 53%, mentre per la restante parte (47%) rimane al 2026. Il successivo comma 1-ter riguarda poi gli acconti, prevedendo che:
per il periodo d’imposta 2022 si tiene conto dei differimenti originariamente stabiliti dall’articolo 16 del Dl 83/2015 ai fini Ires e Irap (senza quindi la possibilità di dedurre la quota del 12% per il 2021) ma non dell’anticipazione al 53% del comma 1-bis (se si applica il criterio previsionale);
per periodi d’imposta 2023, 2024, 2025, 2026 e 2027 non si tiene conto né del comma 1-bis né tantomeno dei nuovi differimenti del comma 1, in pratica le modifiche influenzano solo la determinazione del saldo Ires e Irap dovuto per ciascun periodo d’imposta.