I provvedimenti emergenziali approvati negli ultimi due anni sono riusciti a tamponare una situazione drammatica e ad evitare una crisi occupazionale, mettendo il Paese in condizione di ripartire, ma non hanno certamente risolto la fragilità del sistema economico che rischia anzi, nei prossimi mesi, di presentare un conto salato. Lo dimostrano alcuni dati pubblicati nelle pagine successive. Riassumiamo qui solo gli elementi essenziali: il rapporto dell’osservatorio di Studio Temporary Manager sulle imprese con fatturato tra 5 e 50 milioni di euro evidenzia come, su un campione assai significativo di 69 mila aziende, il 36% (cioè quasi 25 mila aziende) presenta un rating a elevato rischio; il barometro sui pagamenti delle imprese rileva che in tutta Europa il 53% delle fatture non sono state onorate alla scadenza, con una crescita del 13% rispetto a un anno fa, e in Italia le cose vanno ancora peggio, visto che i ritardi raggiungono il 56% dei pagamenti complessivi; l’aumento del costo dell’energia e di molte materie prime, insieme ai ritardi nelle consegne delle merci, hanno messo in difficoltà molte imprese, tanto che una ricerca del centro I-Aer su 500 Pmi italiane ha rilevato un calo di redditività nel mese di novembre 2021 rispetto a novembre 2020 nel 12% del campione.
Oltre a tutto ciò la crescita dell’inflazione sta spingendo le banche ad aumentare i tassi di interesse e a stringere i cordoni del credito. Molte imprese si troveranno quindi in difficoltà nel fare ricorso al credito bancario per fronteggiare l’esigenza di rimborsare i prestiti ottenuti con le garanzie statali. Prestiti che iniziano ad arrivare alla fase di rimborso del capitale, giacché sino ad ora le rate di rimborso sono state limitate, per lo più, alle sole quote interessi. L’Agenzia delle entrate e della riscossione, poi, ha iniziato a sommergere le imprese con lo stock di cartelle esattoriali che era rimasto bloccato dalle sospensioni imposte causa Covid. L’ultima mancata proroga (reale) del differimento dei pagamenti delle rottamazioni ter e della riscossione sta facendo vacillare le imprese zombie e quelle meno virtuose, che sono moltissime.
In queste condizioni anche la composizione negoziata della crisi di impresa può essere una soluzione interessante per molte imprese in difficoltà, che possono pensare di attivare istituti alternativi per la ristrutturazione dei debiti tributari, come la transazione fiscale ex art. 182 ter della legge fallimentare, attivabile a conclusione delle trattative successive alla composizione negoziata. Purtroppo, le nuove regole sono entrate in vigore da poche settimane e di fatto non sono ancora operative. Il software per l’autovalutazione della situazione aziendale, disponibile sui siti delle camere di commercio dal 15 novembre, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ha visto la presentazione di sole 18 domande, mentre una ottantina di domande sono pronte ma non ancora del tutto formalizzate, anche perché l’elenco degli esperti vede al momento la presenza di soli cinque professionisti, tre in Lombardia uno in Lazio uno in Emilia, destinati tuttavia ad aumentare velocemente man mano che verranno completati i corsi di 55 ore necessari per l’iscrizione (anche se dal completamento del corso all’iscrizione in elenco gli adempimenti burocratici da affrontare richiedono almeno due settimane). Ben poca cosa, se confrontata con la schiera delle imprese che potenzialmente potrebbero essere interessate alla composizione negoziata della crisi. Ma si tratta di un numero destinato certamente ad aumentare, se non a esplodere, nei prossimi mesi.