Crisi d’impresa: cosa spetta agli organi di controllo ed ai revisori secondo il nuovo DL 118/2021


Sul Sole24Ore di oggi una sottolineatura sui ruoli degli organi di controllo nel nuovo contesto normativo della crisi d’impresa. La segnalazione della presenza di fondati indizi della crisi impatta sulla responsabilità dell’organo di controllo ancorché in modi e termini differenti passando dal Codice della crisi al più recente Dl 118/2021.

Il Dlgs 14/2019 conferma, per le società di capitali, ed estende alle altre imprese collettive la necessità di introdurre assetti e procedure diretti all’individuazione dello stato di crisi prima che la stessa diventi irreversibile, per consentire l’adozione di misure idonee a superarla o prevenirla. La predisposizione degli assetti compete all’imprenditore e dunque, in presenza di deleghe, agli ad, spettando al consiglio una valutazione anche di merito. Gli organi di controllo e il revisore sono invece chiamati a una vigilanza in ordine all’adeguatezza degli assetti, anche alla luce del loro concreto funzionamento e della situazione in cui si trova la società. A sindaci e revisori si richiede: 1) di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente l’adeguatezza dell’assetto organizzativo dell’impresa, la permanenza dell’equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento della gestione; 2) di segnalare all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi.

Non meno importante è il ruolo assegnato all’organo di controllo nel contesto della composizione negoziata del Dl 118. Come nel Codice della crisi, la vigilanza fa perno su un sistema che privilegia l’adozione di strumenti organizzativi in grado di rilevare gli indicatori della crisi a seconda delle dimensioni e della tipologia dell’attività d’impresa. E anche in questo caso la segnalazione deve essere motivata. Vi sono tuttavia alcune differenze. In primo luogo, il Dl 118 fa riferimento al solo organo di controllo e non anche al revisore esterno. In secondo luogo si registra un’anticipazione della segnalazione, che dovrà aver luogo non soltanto quando si riscontri una situazione di crisi, ma già ove emergano «condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che la rendono probabile». E tale accelerazione si riflette anche sul termine entro il quale gli amministratori devono dare riscontro, riferendo in ordine alle iniziative intraprese, che scende a 30 giorni (rispetto ai 60 del Codice della crisi). La differenza più importante è però rappresentata dal carattere interno della segnalazione: la sollecitazione dei sindaci si esaurisce nella sfera interorganica della società, con un accantonamento (auspicabilmente definitivo) dell’eccentrico ruolo di attivatori della procedura esterna innanzi agli Ocri, che invece assegna(va) loro il Codice della crisi. Alla segnalazione deve comunque seguire un attento monitoraggio sulle iniziative assunte dagli amministratori e sull’andamento delle trattative, nell’ambito di quella composizione negoziata che vede nel collegio sindacale un referente privilegiato dell’esperto, con il quale si istituirà un flusso informativo biunivoco. Tale attività, e ancor prima la tempestività della segnalazione, costituiranno elementi rilevanti che il giudice dovrà considerare nel valutare la responsabilità prevista dall’articolo 2407 del Codice civile.

L’emendamento che ha soppresso l’originario riferimento all’esonero o all’attenuazione della responsabilità non sembra rivestire una particolare rilevanza. Così come non sembra decisiva la mancata riproposizione della esenzione, peraltro di dubbia portata, che il Codice della crisi ricollegava alla immediata segnalazione interna e, in caso di omessa attivazione, esterna.

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