Pubblicato ieri sera sulla “Gazzetta Ufficiale” il Dl 24 agosto 2021 n. 118 su «Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia» il Decreto che rinvia al 16 maggio 2022 buona parte del Codice della Crisi. Entrano in vigore immediatamente numerose novità in grado di agevolare la soluzione delle difficoltà finanziarie già segnalate da parte di numerosi settori industriali, nel momento in cui cesseranno le misure di aiuto temporaneo disposte dal temporary framework.
Il governo prosegue con il recente decreto il percorso di divaricazione del Codice della crisi già applicato in precedenza: da una parte ne pospone l’entrata in vigore (ora fissata al 16 maggio 2022), dall’altra ne cannibalizza progressivamente i contenuti innovativi, introducendoli anticipatamente.
È quanto accaduto per gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, in grado di essere da oggi applicati non solo agli intermediari finanziari, ma a tutte le categorie di creditori omogenee per posizione giuridica e interessi economici: si crea così uno strumento realmente competitivo rispetto al concordato preventivo. Ora anche i soci illimitatamente responsabili, in caso di accordo per la società, potranno godere della sua efficacia.
Identicamente, è anticipata anche l’introduzione degli accordi di ristrutturazione agevolati, che consente di ridurre la percentuale di creditori necessaria per approvare l’accordo proposto dal debitore in presenza di condizioni negoziali meno impattanti sui terzi.
Il decreto introduce già da subito modifiche alle norme esistenti per accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi, consentendo di effettuare modifiche sostanziali del piano e degli accordi prima dell’omologazione, ovvero anche dopo, pur con il rinnovo dell’attestazione del professionisti.
Nei concordati preventivi in continuità aziendale si può ora prevedere la moratoria biennale prevista dal Codice della crisi per il pagamento dei creditori privilegiati, e altresì autorizzare il pagamento delle retribuzioni relative alla mensilità antecedente il deposito per i dipendenti la cui attività è destinata a continuare.
Il decreto interviene anche su talune norme introdotte già in precedenza, prorogando al 31 dicembre 2021 l’improcedibilità dei ricorsi per la risoluzione del concordato preventivo (e la conseguente dichiarazione di fallimento) nei confronti dei debitori che hanno presentato domanda di concordato preventivo dopo il 1° gennaio 2019. Identicamente prorogata, ma al 31 dicembre 2022, la possibilità di uscire dal concordato in bianco con un piano di risanamento attestato entro la scadenza del termine per il deposito.
Il governo approfitta del decreto anche per introdurre una piccola ma importante modifica alla transazione fiscale, rendendola ora di fatto conforme a quanto la dottrina prevalente e i principali tribunali italiani, nel frattempo, avevano già interpretato: l’espressione «mancanza di voto» viene sostituita da «mancanza di adesione». Vengono in tal modo eliminati i dubbi da taluno diffusi (e fatti propri da qualche tribunale isolato) circa l’inapplicabilità delle nuove disposizioni sulla transazione fiscale ai casi di diniego espresso da parte dell’ente pubblico. Quest’ultimo, inoltre, dovrà esprimersi entro 90 giorni dal deposito della proposta – termine, questo, decorso il quale l’imprenditore avrà in ogni caso il diritto di avvalersi delle nuove disposizioni.